Più noiosi di quelli che parlano de La grande bellezza come della nazionale di calcio, solo quelli che criticano chi parla de La grande bellezza come della nazionale di calcio.
Più noiosi di quelli che esaltano sui social La grande bellezza che passa in tv, solo quelli che demoliscono La grande bellezza che passa in tv.
Più noiosi di quelli che danno contro ai fenicotteri, solo quelli che impazziscono per i fenicotteri e anzi quasi quasi apro un bell’allevamento in Maremma.
Più noiosi di quelli che vi spiego io adesso perché La grande bellezza sì, solo quelli che oddio La grande bellezza no, non può essere.
Più noioso di tutti, poi, io, certo: perché - esattamente come Jep - non ho l’ambizione di essere migliore, so benissimo di essere parte di quella cosa lì. Siamo tutti Jep, siamo tutti Romano, siamo tutti nani e ballerine e Sante e fenicotteri e scrittorucoli e giornalisti e socialite e spogliarelliste.
Però ecco, come Jep ogni tanto uno sprazzo di consapevolezza ce l’ho anche io.
E allora mi fa davvero ridere che i Crociati contro il film di Paolo Sorrentino e contro il suo inglese non capiscano che a Paolo Sorrentino - abbia fatto un bel film o meno, abbia meritato l’Oscar o meno, in questa sede non me ne importa un fico secco - stanno dando irrimediabilmente ragione.
E gli danno ragione quelli che, Crociati pro-Sorrentino, si mettono in piedi sulla loro cassettina della frutta (online, televisiva o di carta) e ci spiegano che Paolo ha ragione, che il capolavoro qui e il capolavoro lì, che Maradona ah che tocco di genio e sregolatezza.
Il dibattito attorno a La grande bellezza è La grande bellezza: sono le feste vacue, le artistucole e le serate in terrazza, sono la superficialità e l’estetismo, sono il languore compiaciuto e il barocchismo sfacciato e vanesio del proprio ciarlare. Sono il chiacchiericcio e il rumore sotto i quali tutto è sedimentato: il silenzio e il sentimento, l’emozione e la paura.
E allora tanto quelli che blaterano sulla brutta immagine dell’Italia nel mondo quanto quelli che s’appuntano l’Oscar sul bavero della giacca, come quelli che non grattano nulla di quelle comode incrostazioni che si chiamano bello/brutto, non capiscono di diventare parte di quanto Sorrentino descrive attraverso lo sguardo stanco e partecipe di Jep.
Non capiscono che La grande bellezza è quello che è - bello o brutto, chissenefrega - perché noi siamo quelli che siamo, e lo stiamo confermando. Siamo quei cinici annoiati che parlano per formulette, che citano la “vocazione civile”, che hanno paura di capire che è tutto un trucco, d’iniziare finalmente quel nuovo romanzo dalle radici antiche. Incapaci di ritrovare, vedere, ascoltare la grande bellezza che è in noi e nel mondo, nascosta dietro i portoni chiusi del nostro disincanto, troppo occupati a sbandierare opinioni, ad erigere barricate, a fare il tifo pro o contro, ad annegare nel brodo insipido delle nostre parole per poterli aprire.
Allora, quasi quasi non c’è da biasimare il vero Jep se sbuffa e sbotta a mezza bocca dicendo: “mavafanculo’ ‘sti cretini”.
E come sempre, aveva ragione quell’altro lì, che qualche anno fa scriveva e faceva dire “Ogni silenzio è un gol.”