Vogliono tutti bene a Alvin. Janet gli porta i biscotti. Verlyn, un uomo anziano, coetaneo di Alvin, arriva con il pick-up e lo invita a bere una birra. Alvin lo accompagna ma non beve più: una birra la berrà poi, e di gusto, quasi alla fine del film, la sua prima da tanti anni...
Sono seduti al bancone del bar. È la scena più straziante del film. Lynch non fa nulla per sottolinearla: e così la sottolinea di più. Niente flashback, nessun movimento di macchina, solo le inquadrature dei due, vicini, insieme, e del volto dell'uno e dell'altro. Lynch sta ad ascoltarli mentre tornano alla loro giovinezza. E noi dobbiamo tornare indietro, se ce la ricordiamo, a quella frase che Alvin ha detto quando uno dei giovani ciclisti gli ha chiesto quale fosse la cosa peggiore della vecchiaia. La risposta di Alvin era stata sicura, come se l'avesse pronta da tanto: «The worst part of bein' old is remembering when you was young», è il ricordarsi di quando si era giovani. E noi avevamo interpretato questa risposta nel senso più normale, che cioè la cosa peggiore della vecchiaia sia il ricordare nostalgicamente la perduta giovinezza, la forza, la baldanza, tutta la vita da vivere. Adesso dobbiamo ricrederci, dobbiamo scoprire un'altra interpretazione più dolorosa e vera.
Quella frase di Alvin diceva altro, è una delle tante che nascondono un'altra verità. Una frase in cui Lynch è se stesso, si rifugia nel profondo delle parole, sotto il senso di superficie, non si nasconde nelle immagini come ha fatto e continuerà a fare in tanti film, si rannicchia in semplici frasi e parole che celano altri sensi. La frase va intesa in maniera opposta. La cosa peggiore di essere vecchio è ricordarsi di quando si era giovani, aveva detto Alvin: sì, ma nel senso che quando lui si ricorda di quand'era giovane si rivede senza giovinezza, non ha avuto una giovinezza, è stato soldato in guerra, ha ucciso un compagno ed è questa la cosa peggiore della sua vecchiaia.
Lynch sta davanti ad Alvin e a Verlyn. Verlyn beve una birra. Alvin, un bicchiere di latte. Comincia Alvin a parlare. Tornato dalla guerra beveva, era cattivo, un prete l'ha aiutato a staccarsi dalla bottiglia, è da allora che non beve più. È Verlyn a ricordare, aspettavano il primo pasto caldo da dieci giorni, lui e il quartiermastro hanno visto arrivare un caccia Focke-Wulf che ha bombardato la mensa. Le parole muoiono in gola a Verlyn.
Alvin ricorda le facce dei compagni, tutti giovani: «E più passano gli anni e più rimangono giovani». E le facce dei soldati tedeschi: «Sparavamo a ragazzi sempre più giovani». Lui era un cecchino, aveva imparato a sparare andando a caccia, stava in prima linea, vedeva ogni movimento tra gli alberi. Avevano uno scout, un ragazzo che andava in perlustrazione, Kotz, un polacco di Milwaukee. Alvin fatica a parlare, vuole parlare, è una confessione che non ha mai fatto a nessuno. Alvin era uscito allo scoperto, gli sparavano, si sente un rumore di aerei, di spari, di guerra, è come un flashback soltanto sonoro. Alvin vede qualcosa muoversi, aspetta dieci minuti, poi spara, non si muove più nulla. Il giorno dopo trovano Kotz morto, colpito alla testa. Stava tornando verso le linee, tutti pensarono che fosse stato colpito da un tedesco. «Tutti eccetto me». Alvin non riesce più a parlare.
L'ultima inquadratura distoglie lo sguardo dai volti di Alvin e Verlyn. Li vediamo di schiena, al bancone, il bar è in penombra, da una parte c'è il barista silenzioso, forse ha sentito anche lui questa storia.
Musica dolce, lungo schermo nero, Alvin è seduto nel suo prato, è notte, è ancora commosso, guarda con gli occhi lucidi il cielo e le stelle come l'ha guardato tante volte: e adesso sappiamo a cosa pensa quando lo guarda. Ancora lo schermo nero. Quella giovinezza di quando ha ucciso un suo giovane compagno, questo è il peso della sua vecchiaia.