In occasione dell'uscita in alcuni cinema (e dal 9 luglio sulla piattaforma MUBI) del film di Kelly Reichardt, pubblichiamo alcuni estratti della recensione che Federico Gironi ha scritto per il nuovo numero della rivista Cineforum, in uscita a breve.
[…] Quella di First Cow è una storia che nella sua esemplare linearità e nella sua semplice morale, pare una fiaba. Una fiaba raccontata silenziosamente da due scheletri che, nel prologo del film, vengono rinvenuti nel nostro presente da una ragazza che ha portato il cane a passeggio sulle sponde di un fiume.
C'era una volta – si potrebbe dire parlando di First Cow – Cookie, un cuoco timido e silenzioso, arrivato nel West al seguito di un gruppo di trapper. Lungo la strada, Cookie soccorre un uomo in fuga, King-Lu, e quando i due si ritrovano uniscono la creatività culinaria dell'uno e lo spregiudicato spirito imprenditoriale dell'altro per metter su un commercio di dolcetti, rubando al Re di quell'avamposto, nottetempo, il latte della sua vacca, la prima e unica della regione. Infatti, il Re, al mattino, non si spiega perché la sua vacca dia così poco latte, e si consola coi dolcetti di Cookie e King-Lu, fino a quando il caso, e un gatto, fanno scoprire che qualcuno munge la sua vacca nottetempo, e che quel qualcuno è proprio colui i cui dolcetti il Re adora, e Cookie e King-Lu vanno incontro al loro destino.
Basta una sola mucca ma servono due personaggi affinché Kelly Reichardt possa raccontare di cosa sia fatta la materia del Sogno americano. Servono Cookie e King-Lu, entrambi senza radici, entrambi senza famiglia, giunti all'Ovest, nel luogo dove "la storia non è ancora arrivata" alla ricerca di una dimensione, di una casa, di un modo per affermarsi e, magari, anche di arricchirsi. Serve l'uomo con la dote creativa, capace di realizzare quel che serve e che non c'era, e serve quello con la mente orientata al business, consapevole che per partire in un progetto d'impresa è necessario del capitale, la cui assenza va compensata col crimine.
[…] Come aveva già fatto nell'altro suo film western, Meek's Cutoff – altrettanto singolare e anomalo ma non tanto quando questo, tutto dolcetti e clafoutis ai mirtilli – in First Cow, di nuovo, Kelly Reichardt fa echeggiare quel passato lontano nel presente, e lo fa parlare del presente. Perché i resti di Cookie e King-Lu rivedono la luce per riaffermare la loro attualità, per raccontare la loro storia, la loro fiaba, e per dire che per quanto ci si sia illusi di progredire, il terreno dove si cammina è fatto di quelle cose lì, di quelle morti lì. Morti che Kelly Reichardt racconta con la solita voglia di essere astratta, aperta, indeterminata nel finale dei suoi film, lasciando allo spettatore il compito di riempire a piacimento certi vuoti narrativi e d'illuminare certe zone d'ombra. E che, pur tuttavia, sempre delle morti rimangono.
Figlie della dissoluzione del Sogno americano, certo: ma anche, e anche di più, figlie di un legame sincero e naturale. Di quel legame che ha fatto sì che né Cookie né King-Lu, svanito il Sogno, avessero voglia di veder svanire anche l'ultima cosa concreta e reale del loro mondo, e cioè la loro amicizia, e il loro esserci l'uno per l'altro.
[…] L'attenzione di Kelly Reichardt è tutta ai piccoli gesti, alle fruste da cucina costruite coi rametti che, abbandonate al suolo, e distrutta la capanna, regalano il senso di un fallimento e di un abbandono ben più dei fiori di campo che, in pieno slancio omoerotico, Cookie aveva posizionato in un vasetto nella capanna di King-Lu, che commenterà con un sorriso come avessero immediatamente donato un tono all'ambiente.
Nulla, in questa volontà di esaltare il dettaglio, appare mai forzato, in First Cow. Lo sguardo di Kelly Reichardt non è affatto apparentemente stolido e disinteressato come quello della mucca che guarda il treno passare, per mantenere il paragone in ambito bovino. È invece uno sguardo che pur avendone la stessa placidità ruminante - che poi è anche la stessa placidità della natura, e del fiume che scorre quasi nascondendo alla vista la forza della sua corrente - è attento osservatore e conoscitore di quel che ha attorno, e che racconta.
[…] La bellezza più intima e profonda di First Cow, alla fine dei conti, sta proprio nella capacità di trasmettere, a noi che guardiamo, tutta la sua ricchezza attraverso la semplicità delle sue armonie, e di tirarci dentro la sua storia, la sua fiaba e il suo mondo rimarcando attraverso la distensione, la calma, e un'unica vera urgenza, quella di prendersi i suoi modi e suoi tempi per fare ciò che deve fare, la vera cesura con la frenesia vacua del presente.
Nel Territorio dell'Oregon di metà XIX secolo, un cuoco viaggia assieme ad un gruppo di cacciatori di pellicce alla ricerca del sogno americano, stringendo amicizia con un immigrato cinese, anch'esso in cerca di fortuna, e una mucca.