Rebecca Miller

Il piano di Maggie

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Greta Gerwig, regina indiscussa della commedia indipendente americana, è la protagonista di Il piano di Maggie, commedia diretta da Rebecca Miller e presentata nei maggiori festival internazionali della stagione (dal debutto a Toronto al New York Film Festival, dal Sundance a Berlino). Come già in Francis Ha (2012), la Gerwig dimostra sempre più di saper dare una rappresentazione di "genere" della donna contemporanea: una rappresentazione in cui la consapevolezza dell’identità del femminile passa attraverso la lotta policroma tra emancipazione e desiderio di cura e in cui l'ironia media tra le parti in gioco. 

Il piano della Maggie del titolo, career-advisor post-laurea, sarebbe quello di avere un bambino da sola. Ma quando la ragazza si innamora di John, docente di antropologia critico-immaginativa e aspirante scrittore, il suo progetto va a monte. Maggie e John hanno un figlio dopo che questi lascia la moglie Georgette, glaciale signora danese anche lei antropologa, ma la relazione entra in crisi quando John diventa scrittore a tempo pieno e si perde nel proprio egocentrismo. A questo punto il film cambia di passo, e vira verso una riappacificazione tra John e Georgette non priva di complicazioni e tragicomici fraintendimenti.

Charlie Chaplin affermava come la vita non sia una tragedia, bensì una commedia in campo lungo: Il piano di Maggie si configura allora come un pezzo di vita nella misura in cui forza la commedia stessa a riprendere in chiave contemporanea gli stilemi della screwball comedy, dalla logica del paradosso alla dialettica sentimentale a tre voci. Azzardando una definizione di film in quanto mondo coerente, e inesistente, del quale si offre una rappresentazione visiva, il film della Miller sa definire perfettamente il proprio ambiente: la sua New York è più femminista e al passo con i tempi di quella alleniana (dalla quale, però, ovviamente non può non prescindere), una città in cui sono le donne ad avere più successo degli uomini, in cui Springsteen viene interpretato in chiave acustica dalla grandiosa Kathleen Hanna e nella quale il riferimento culturale simulacro dell’intellettualità odierna non è più il Marshall Mcluhan di Io e Annie, ma l’irriverente Slavoj Žižek.

A confezionare il tutto, in pieno e immancabile stile mumblecore, sono ovviamente i dialoghi, arguti e ricercati secondo copione, con qualche battuta non scontata sulle pigrizie della lingua comune (come quando John dice di preferire “bello” all'espressione “un po’ bello”, perché usare “un po’”sarebbe come mettere un preservativo linguistico…), e i costumi, che spaziano dagli scamiciati a quadretti di Maggie in piena moda newyorkese alle eco-pellicce radical chic di Georgette e rifiniscono in modo preciso e delizioso l’entourage visivo del film.

Il piano di Maggie - A cosa servono gli uomini
Usa, 2015, 98'
Titolo originale:
Maggie's Plan
Regia:
Rebecca Miller
Sceneggiatura:
Rebecca Miller
Fotografia:
Sam Levy
Montaggio:
Sabine Hoffman
Musica:
Michael Rohatyn
Cast:
Bill Hader, Ethan Hawke, Greta Gerwig, Julianne Moore, Maya Rudolph, Travis Fimmel, Wallace Shawn
Produzione:
Freedom Media, Hall Monitor, Hyperion Media Group
Distribuzione:
Adler Entertainment

Maggie Hardin è un’allegra e affidabile trentenne newyorkese. La sua vita è pianificata, organizzata e calcolata. Maggie non ha molto successo in amore,  ma decide comunque che è arrivato il momento di avere un figlio. Da sola. Ma quando conosce John Harding, uno scrittore/antropologo in crisi, si innamora per la prima volta, ed è così costretta a modificare il proprio piano. A rendere tutto più complicato c’è il fatto che John è infelicemente sposato con Georgette Nørgaard, una brillante professoressa universitaria danese. Mentre i suoi amici, gli eccentrici ed esilaranti Tony e Felicia, stanno a osservare sarcasticamente dalle retrovie, Maggie mette in atto un nuovo piano che la lancia in un ardito triangolo amoroso con John e Georgette, e così le loro vite s’intrecciano e si uniscono in modi inaspettati e divertenti. 

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