Tratto da una storia vera, L’incredibile storia dell’Isola delle rose è un film pensato apposta per i tempi che viviamo: la risposta di un pensiero anarchico e indipendentista, che elabora da sé la propria libertà e la costruisce sia idealmente sia materialmente, alle spinte autonomiste e sovraniste oggi tanto di moda, che all’opposto demandano la conquista di uno spazio a una figura forte e accettano risposte semplici a questioni complesse. Il modello offerto da Giorgio Rosa, ingegnere bolognese che nel 1968 costruì di fronte a Rimini, 500 metri oltre l’inizio delle acque internazionali, una piattaforma galleggiante che battezzò come isola e registrò come nazione indipendente, fa riferimento a un modo tutto novecentesco di ribellarsi all’ordine delle cose: la fuga, la costruzione del proprio spazio di libertà.
Non stupisce che i modelli siano una commedia libertaria come I Love Radio Rock (senza però la capacità di creare personaggi altrettanto carismatici) e più ancora il solito Marrakech Express (preso a esempio in maniera un po’ più raffinata rispetto a Un figlio chiamato Erasmus) e in generale il cinema di Salvatores fra fine ’80 e inizio ’90, diventato patrimonio comune di una generazione di registi italiani che guarda al cinema come a un mondo di riferimento riconoscibile e riproducibile più che a un insieme di storie, sguardi, visioni della realtà e della Storia.
In L’incredibile storia dell’Isola delle rose non c’è un vero sguardo poetico e politico. Il '68 è giusto un’immagine di repertorio (che peraltro sconfessa l’ammissione di ignoranza del protagonista rispetto ai fatti del maggio francese), il ritratto della gioventù vitellona di Bologna fa rimpiangere l’ingenuità dei primi film di Pupi Avati e nella rivolta dell'ingegner Rosa (Elio Germano) c'è una generica spinta libertaria facilmente smascherata dalla battuta del compare secondo cui tutta la faccenda dell’isola dipenderebbe da una ragazza, l'ex fidanzata Gabriella (Matilde De Angelis), avvocato e docente universitaria, di cui Giorgio è ancora innamorato.
Pure il rimando all’Italietta provinciale sognatrice e mammona (con il povero protagonista che di ritorno da Strasburgo, dove ha cercato di far riconoscere la sua isola, deve comunque garantire alla mamma di aver mangiato) è più una concessione a un repertorio irrinunciabile di luoghi comuni anche recitativi dello stesso Germano (distaccato e un po' sciocchino come in L’uomo senza gravità, altra produzione Netflix), pensati su misura per il pubblico medio di una piattaforma che volendo potrebbe anche passare da un film all’altro senza rendersi conto della differenza.
Lo stile di Sibilia non è nemmeno para-televisivo, ma piuttosto un miscuglio tra i toni caramella alla Jean-Pierre Jeunet e il solito sfoggio di droni ed effetti digitali (le parti ambientate sull'isola sono state girate in studio, a Malta); il ritmo, invece, è quello di una raccolta di scenette-sketch rapide e talvolte efficaci, con la classica tipologia di caratteri da commedia giovanile (l’amicone scorretto e simpatico, lo straniero marpione, il lupo di mare, la cameriera incinta, la ragazza innamorata ma furente verso l’innamorato) e la caratterizzazione farsesca della politica dell'epoca, con figure come gli allora Presidente del consiglio e Ministro degli interni Giovanni Leone (Luca Zingaretti) e Franco Restivo (Fabrizio Bentivoglio) ridotti a macchiette ridicole.
Che sotto questa tipologia di cinema pseudo-storico - che naturalmente nel finale non rinuncia alle foto dei luoghi e dei volti originali - si nascondesse il nulla lo sapevamo, non è certo una sorpresa e volendo nemmeno un peccato. La cosa che lascia però perplessi di fronte a L’incredibile storia dell’Isola delle rose è il modo in cui un’intuizione intelligente, come quella di mettere in relazione il passato con le spinte e le idee del presente, sia risolta con una specie di festa tra amici, una farsa di cui non si capisce bene l'origine e il motivo, se non quello di cazzeggiare come si potrebbe cazzeggiare su una piattaforma al largo di Rimini.
Alla fine degli anni 60, nelle acque del mar Adriatico, l'ingegnere di Bologna Giorgio Rosa crea un microstato indipendente al largo di Rimini. Con un amico e compagno di studi progetta e costruisce una piattaforma artificiale che poche settimane dopo, diventata un luogo abitato da almeno cinque persone e di giorno popolato da decine di ragazzi pronti a fare sempre festa, chiama Repubblica Esperantista dell'Isola delle Rose.