“Chi non si aspetta l'inaspettato, non scoprirà la verità”, sosteneva Eraclito. Celebre massima che calza a pennello per la frenetica vicenda di Tutti pazzi in casa mia, commedia firmata Patrice Leconte. Una vicenda fondata su un movente-pretesto, com'è tradizione nella pochade: un dentista sulla sessantina ambirebbe ad ascoltare un vinile jazz, a suo dire d'inestimabile rarità, trovato in un mercatino. Ma una volta a casa, proprio mentre sta per apporre la puntina sul disco, il meschino inciampa in ogni sorta di imprevisti.
La consorte, ancora bellissima nonostante gli anni, non sa come spiegargli una relazione extraconiugale, da cui, forse, è nato lo scostante figlio che lui credeva suo; lui stesso ha una tresca adulterina e deve tener testa all'impazienza dell'amichetta; nel suo appartamento ha luogo una ristrutturazione dovuta a un cambio d'uso: la stanza del figlio dovrebbe trasformarsi in uno studio. Ancora, l'ombroso giovane è deciso a ospitare una famiglia di clandestini filippini, e il pedante vicino di casa polacco organizza la “festa del condominio”, destinata in un crescendo inarrestabile a traslocare in casa del dentista. Fresca vedova, la grottesca colf spagnola inventa ogni genere di molestie verso il datore di lavoro; l'operaio addetto ai lavori, sedicente polacco, è un totale incompetente; l'ascensore del palazzo inaspettatamente si blocca, e via impazzendo in un accumulo di ossimori, gag fisiche e verbali incessanti, alla velocità della luce.
È forse troppo ovvio constatare che impianti narrativi simili – specialmente in Francia, nel cui cinema continuano a funzionare a meraviglia – suonano abusati quanto il loro collaudo. E di fatto l'operina, tratta da una fortunata pièce di Florian Zeller (che l'ha anche sceneggiata), trova la propria carta vincente in questa stessa formula. Quella che per lo spettatore italiano potrebbe apparire uno “scherzo a parte” dilatato per un'ora e venti, è una combinazione di episodi buffoneschi partoriti dal caso, in cui da un'azione ne scaturisce un'altra che ne innesca un'altra ancora, tra assurdità gestuali e controllate isterie orali. Una girandola dove i paradossi si sprecano, e i francesi ancora una volta si confermano chef perfetti a rielaborare la ricetta. In una confezione che non si premura del proprio intreccio vecchio stampo, né sembra ambire ad allegoriche letture, quel che appare è un bazar delle follie che giunge come un contrappasso del Fato verso qualcuno che, desiderando solo un'ora di tranquillità, è indotto a far i conti coi propri borghesi egoismi.
La regia di Leconte non si segnala stavolta per particolari estri: asseconda il tutto con appropriato ritmo concitato, con una m.d.p. sovente traballante, facendo sì che l'osservatore partecipi alla tragicommedia spasimando e sogghignando. E se inespugnabile è l'accostamento col Billy Wilder francese, il Francis Veber navigato mestierante in queste operazioni dai tempi de L'emmerdeur, in un cast ben amalgamato, la bravura di Christian Clavier, uomo medio tutto nevrosi in implosione, ricorda nostalgicamente quella di volti usuali del genere (Ventura, Depardieu, Claude Brasseur, Pierre Richard, Jean Rochefort, lo stesso Brel).
Sorvolando sulla parentesi interculturale – luogo canonico del cinema francese, che fa del film un prodotto politico-sociale dal moralismo opinabile – Tutti pazzi in casa mia si segnala per un simpatico colpo d'ala, da cui dipende un epilogo con sottofinale incorporato. È la presenza di una bimbetta filippina a suggerire al protagonista l'agognata ora di tranquillità, via dalla pazza folla. Conclusione buonista, che però ci sta: antiche, trascurate fascinazioni rinsaldano il legame familiare, e anche se la puntina ripetutamente fa saltare il disco, non importa poi molto. Il ricordo nella mente prosegue indomito, e in analoga misura anche il divertimento dello spettatore verso questi balocchi vecchio stile, ma sino in fondo fedeli a quanto promettono.
Michel (Christian Clavier) è un grande appassionato di musica jazz. Nel suo giorno di riposo, al mercato delle pulci, trova un disco rarissimo, e non desidera altro che tornare a casa per ascoltarlo subito, con calma e in solitudine. Sfortunatamente, proprio quel pomeriggio, sembra che tutto il mondo si sia messo d’accordo per non concedergli nemmeno un’ora di tranquillità! La moglie (Carole Bouquet) ha deciso di confessargli un segreto che custodiva da anni, l’amante (Valérie Bonneton) ha un’estrema necessità di parlargli, il figlio capriccioso e stravagante (Sébastien Castro) compare all’improvviso con un bel numero di ospiti inattesi, la madre non smette di chiamarlo al telefono, e ci si mettono anche gli operai che stanno ristrutturando il suo appartamento! Per concludere, proprio quel sabato il vicino di casa Pavel (Stéphane De Groodt) ha organizzato la Festa del Vicinato! Insomma, una singola ora di tranquillità sembra un vero miraggio… Scaltro e manipolatore com’è, Michel fa di tutto per cercare di ottenere ciò che vuole, cioè solo il tempo necessario per ascoltare il suo disco. Ci vorranno tutte le sue energie, la sua astuzia e il suo potere di persuasione per far sì che quel pomeriggio, che doveva essere da sogno, non si trasformi in un vero incubo!