Francis Lee

La terra di Dio

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È stato da più parti, a torto o a ragione, definito “il Brokeback Mountain britannico”, La terra di Dio, film d’esordio dell’attore Francis Lee, presentato al Sundance e lo scorso aprile al Lovers Film Festival.

Nonostante le non poche differenze, i due film condividono gran parte dell’impianto narrativo, o quanto meno ciò che vi sta alla base: il giovane Josh (Johnny Saxby), proprio come l’Ennis di Heath Ledger, si sente intrappolato in una vita frustrante. Per Ennis il problema erano la sua famiglia, una moglie e due figlie che non gli consentivano di essere se stesso; un tempo storico, gli anni Sessanta, incapace di comprendere l’omosessualità; una regola sociale e un modello di matrimonio impossibili da transigere. Per Josh, invece, è il sacrificio di aver rinunciato ai propri sogni per stare accanto al padre invalido, per mandare avanti la fattoria di famiglia. Una frustrazione che va oltre la sessualità, ma che proprio in essa trova sfogo: Josh dimentica le difficoltà quotidiane solamente con il sesso occasionale e meccanico o con l’alcool.

In entrambi i film a dare la svolta è l’incontro con l’amore, quello che porta alla conoscenza e alla maturazione di sé. In Brokeback Mountain l’innamoramento portava alla presa di coscienza di se stessi, dell’incapacità di adeguarsi al volere sociale e compiere scelte controcorrente. In La terra di Dio, il processo di crescita è più personale e introspettivo: Josh imparare da Alec, il ragazzo rumeno che arriva alla fattoria, a dare amore e ad accettarlo; a trasportarne il valore in altri momenti e contesti. Se Alec sfiora con un dito la mano di Josh per consolarlo, Josh impara a ripetere il gesto con suo padre, mentre giace nel letto d’ospedale, secondo un processo tipico dei coming of age che conduce al pianto, all’ammissione delle proprie colpe e (ahinoi) a uno scontato lieto fine.

Prima ancora sono il desiderio di fuggire del protagonista e il suo rapporto con la natura a segnare la sua personalità, e in seconda battuta un altro legame fra La terra di Dio e Brokeback Mountain. Mentre i Jack e Alec sono al pascolo avviene il loro primo incontro sessuale, filmato nella stessa semi-oscurità, con i medesimi primi piani già utilizzati da Ang Lee. Dal canto suo, Francis Lee mostra la sterminata campagna dello Yorkshire in cui è nato, indugiando sui particolari dell’ambiente e dando al film una connotazione di “ascolto” più che di dialogo/parola, creando un locus amoenus la cui conntazione romantica stride violentemente con la realtà quotidiana dei personaggi.

Eppure, oltre a Brokeback Mountain, il regista inglese sembra aver in mente anche Tom à la ferme di Dolan. A tornare sono sia piccoli espedienti narrativi come la morte dell’agnello, sia, soprattutto, il primo incontro-scontro tra i due amanti, con la questione razzista della parola “gipsy” usata per un rumeno che riprende a livello linguistico un avvicinamento fatto di attacco, lotta, prevaricazione dell’uno sull’altro, fino a sfiorare il bacio.

Fortemente ancorato a modelli precedenti, insomma, La terra di Dio finisce per non individuare un linguaggio proprio, una propria voce, e si perde nella semplice emulazione.

La terra di Dio
Gran Bretagna, 2017, 104'
Titolo originale:
God's Own Country
Regia:
Francis Lee
Sceneggiatura:
Francis Lee
Fotografia:
Joshua James Richards
Montaggio:
Chris Wyatt
Musica:
Dustin O'Halloran, Adam Wiltzie
Cast:
Josh O'Connor, Alec Secareanu, Gemma Jones, Ian Hart, Liam Thomas, Melanie Kilburn, Moey Hassan
Produzione:
British Film Institute (BFI), Creative England, Met Film Production
Distribuzione:
Fil Rouge Media

Yorkshire, primavera. Johnny (Josh O'Connor), un giovane che dedica tutti i suoi sforzi per portare avanti la fattoria dei genitori, cerca di sfuggire alla routine sbronzandosi al pub del paese e facendo sesso occasionale con altri uomini. Il conflitto emotivo non sta nel fatto che Johnny sia attratto da altri ragazzi, ma piuttosto nella sua incapacità di coinvolgersi emotivamente con qualcuno. Tutto cambia con la comparsa di Gheorghe (Alec Secareanu), un immigrato rumeno che arriva alla fattoria per dare una mano con la transumanza delle pecore.

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