Per rendersi conto di quanto La vedova Winchester sia un’occasione mancata, bisognerebbe ritagliarsi ventitré minuti di tempo – tutt’altro che sprecati – per guardare il cortometraggio scritto, diretto, musicato e prodotto da Bertrand Bonello in collaborazione con l’Opéra National de Paris. Si intitola Sarah Winchester, opéra fantôme e lo trovate su YouTube. Tutta la forza, la suggestione, la follia, l’ossessione e il dolore racchiusi nel personaggio di Sarah Winchester, vedova miliardaria dell’industriale che fabbricò il celebre fucile responsabile di centinaia di migliaia e forse milioni di morti, sono riproposti magnificamente, per quanto in maniera solo evocata, in questa piccola, stravagante mise en scène di un balletto che, come dice alla ballerina l’autore interpretato da Reda Kateb, è destinato a non andare mai in scena.
Afflitta dalla morte prematura della figlia affetta da marasma, e schiacciata dal peso di un senso di colpa di dimensioni universali generato dal numero incalcolabile di morti provocato dall’arma che porta il suo cognome, Sarah si ritirò a vita di reclusione nella sua proprietà privata, una magione che per decenni, e fino al giorno della sua morte avvenuta nel 1922, continuò ad ampliare, aggiungendo sempre nuove stanze agli spazi che già c’erano. Un processo di estensione centrifuga il cui significato, apparentemente senza senso, è in qualche modo suggerito dal consiglio che Kateb dà alla sua ballerina quando, sempre nel corto di Bonello, la invita a danzare rimanendo ferma.
Tutto questo, ovvero gli stimoli che un personaggio femminile così borderline e ineffabile come Sarah Winchester è in grado di suscitare, sempre che si sia disposti ad andare al di là delle apparenze, manca del tutto nel film diretto da Michael e Peter Spierig, la coppia di fratelli australiani che, dopo un esordio all’insegna dello splatter goliardico con Undead, aveva affinato il tiro con Daybreakers e Predestination, per poi ridimensionarsi con il pessimo Saw – Legacy.
La vedova Winchester non è altro che un horror gotico secessionista (dopotutto il film è ambientato nella seconda metà dell’Ottocento) che imbastisce una scontata storia di fantasmi a partire dalle implicazioni sovrannaturali a cui può facilmente dare adito la vicenda di questa donna che finì per oltrepassare il labile confine tra realtà e immaginazione. Ritenuta pazza, e con l’obiettivo di estrometterla da qualsivoglia decisione in merito all’azienda avuta in eredità dal marito, il consiglio d’amministrazione della Winchester Repeating Arms Company invia nell’enorme casa in fase di costruzione di Sarah Winchester uno psichiatra col compito di valutare le sue facoltà mentali.
Stando alla versione dei fratelli Spierig, la donna è ovviamente tutt’altro che fuori di senno. Come si scoprirà, sta invece espiando le proprie colpe, creando dei nuovi spazi dove possano trovare riposo gli spiriti agonizzanti di coloro che hanno perso la vita a causa del formidabile fucile. Tutto già visto, a cominciare dall’estetica di Sarah Winchester (interpretata da Helen Mirren) che riprende paro paro il modello della ectoplasmatica woman in black tratteggiato da Susan Hill nella sua omonima opera letteraria, riproposta poi in tv da Herbert Wise e al cinema dal film con Daniel Radcliffe. E anche il personaggio dello psichiatra (Jason Clarke), tormentato e guarda caso con un passato traumatico da superare sempre per colpa di un fucile Winchester, è abbastanza patetico.
Sarah Winchester è l'ereditiera della celebre industria di armi da fuoco. La donna, convinta di essere perseguitata dalle anime uccise dai fucili dell’azienda di famiglia, dedica giorno e notte alla costruzione di una enorme magione progettata per tenere a bada gli spiriti maligni. Ma quando lo scettico psichiatra Eric Price viene inviato nella tenuta per valutare il suo stato mentale, scopre che l’ossessione della donna non è poi così folle.