Napoli - New York, che nasce da un «trattamento-sceneggiatura» di Federico Fellini e Tullio Pinelli e racconta una storia ambientata sul finire degli anni ’40 con protagonisti due scugnizzi, i piccoli Carmine e Celestina, che lasciano clandestinamente Napoli per New York alla ricerca della sorella maggiore della bambina, incarna una certa tendenza del cinema contemporaneo a rivedere il passato attraverso un filtro narrativo forte, quasi ingenuo nella sua evidenza, pur di eludere il problema della rappresentazione della Storia.
Pensato come una fiaba d’agnizione, il film di Salvatores, che ha trasformato le 58 pagine di Fellini-Pericoli in una sceneggiatura elaborata, si rifugia nei confini rassicuranti di un immaginario noto, da una parte all’altra dell’Occidente immerso nel dopoguerra, in un contesto edulcorato e fanciullesco troppo facile da ricostruire eludendo qualsiasi obbligo di veridicità storica.
A differenza però di altre operazioni simili (almeno per atmosfere e umori) come Comandante o anni fa Nuovomondo, Napoli - New York non riesce né a camuffare le sue limitate disponibilità produttive, né a trasformare la sua artificiosità (soprattutto nell’uso dei fondali digitali gli esterni di New York) da evidente a esibita. Salvatores non ha un’idea di messinscena credibile: rinuncia giustamente alla grande produzione che sarebbe più nelle corde di un Tornatore, ma non sa nemmeno confezionare un’operazione visivamente consapevole sul rapporto fra l’immaginario italiano (la Napoli del dopoguerra, dunque il neorealismo) e quello americano visto da una prospettiva europea, tra illusioni, cliché, citazioni involontarie, tentazioni irresistibili e palesi scivoloni (la scelta senza alcuna plausibile giustificazione di musiche d’accompagnamento che vanno da Procul Harum a Be My Babe, da Tom Waits al blues di strada…). Giunto negli Stati Uniti dopo una prima parte napoletana dall’impianto televisivo, Napoli - New York non si preoccupa troppo di far passare le sue scenografie ricostruite, camuffate o digitali per spazi autenticamente americani, e sembra farlo più per disadorna noncuranza che per volontà espressiva. Basta paragonarlo a un’operazione nemmeno troppo nuova come Brooklyn di John Crowley (anno 2015), dove erano i colori e i costumi ad assumersi il compito della ricostruzione storica volutamente di maniera, per rendersi conto dei suoi limiti.
Anche il film di Salvatores giustifica i suoi colori (l’inizio è un’immersione nel giallo della polvere di un edificio crollato) e i suoi toni urlati, chiaramente didascalici o esplicativi (quando si dividono, Carmine e Celestina si ritrovano l’uno a Little Italy e l’altra ad Harlem, quasi entrasse a contatto con l’altra America, quella umana e compassionevole, rispetto a quella borghese razzista e sdegnosa), ma anche in questo caso diventa difficile distinguere le reali intenzioni della regia e della sceneggiatura e l’inconsapevole povertà espressiva, tra piani d’ambientazione, dialoghi telefonati, recitazione impostata o, nel caso di Favino (che sembra parodiare il comandante del film di De Angelis) quasi grottesca.
Quello di Salvatores non è dunque né un cammino di scoperta o di ricerca, come fu a suo tempo l’incontro dal vero di Sorrentino con l’America, né quella resa dei conti con le proprie origini che avrebbe potuto e dovuto essere, dal momento che inizia nella sua Napoli nell’anno precedente la sua nascita e arriva nella “sua” America, da sempre riferimento culturale e immaginifico del suo cinema. Napoli - New York, fin dalla secchezza del titolo, è un viaggio da fermo: vivo nella mente, senza dubbio, meno sullo schermo.
Nell’immediato dopoguerra, tra le macerie di una Napoli piegata dalla miseria, i piccoli Carmine e Celestina tentano di sopravvivere come possono, aiutandosi a vicenda. Una notte, s’imbarcano come clandestini su una nave diretta a New York per andare a vivere con la sorella di Celestina emigrata mesi prima. I due bambini si uniscono ai tanti emigranti italiani in cerca di fortuna in America e sbarcano in una metropoli sconosciuta, che dopo numerose peripezie, impareranno a chiamare casa.