Jon Martello è un vacuo Don Juan italo-americano che scorrazza sfaccendato attraverso il Garden State del New Jersey: ama gli amici scemi, la palestra, le ragazze porche e l’onanismo quotidiano alimentato su Pornhub.
Incontra Barbara Sugarman (Scarlett Johansson) che trangugia film strappacore e sogna il maschio alfa: le loro aspettative reciproche impattano e succede un patatrac.
Wikipedia asserisce che il giro d’affari del porno sfiora i 13 miliardi di dollari: va riconosciuto a Joseph Gordon-Levitt il merito di aver affrontato lo scottante argomento nella forma di dipendenza compulsiva dai video zozzi.
Disgraziatamente il nostro esordiente è cascato sul passo falso d’autore: come il suo personaggio ha deciso di fare tutto da solo, scrivendo, dirigendo e recitando.
Ne esce fuori uno script rancido su cui il Levitt regista edifica un monumento solipsistico al Levitt attore: infatti non si contano i primi piani e le scene dove i muscoli troneggiano mentre i caratteri secondari rimangono assolutamente relegati sullo sfondo.
Nel primo tempo un diluvio falsamente verista di “vaffa”, “cazzo”, “puttana”, “pompino” molesta le orecchie dello spettatore: se siete fan del fusto sappiate che non vedrete nemmeno la fessura delle sue chiappe sode, mentre viceversa se vi garba la Johansson dovrete immaginare le sue giunoniche forme tra penombre e scollature perché altrimenti diventiamo “volgari” e non sia mai.
Sorvolo sulla miseranda rappresentazione del milieu broccolino per cui Scorsese potrebbe intentare una fondata causa di plagio.
Nel secondo tempo il gioco si fa serio, psicologico e molto noioso: Jon vince la sua turpe droga, scopre la sessualità “a doppio senso” e spezza il controllo di Chiesa e Famiglia grazie alle sagaci doti amatorie di una milf fricchettona (la sprecatissima Julianne Moore).
Ecco che arriva una frettolosa chiusa anticonformista sulla bellezza di amare e sulla felicità di “perdersi” nel proprio partner rotolando avvinti tra le lenzuola.
Anvedi che coraggio e che indicibile trasgressione: in confronto Jason Biggs che intinge il dito nella torta di mele calda e la possiede a braghe calate facendosi beccare sul più bello è un situazionista debordiano.
La patina pseudo-moraleggiante di Don Jon fa montare la voglia matta di una maratona hard con maialate di Erika Lust o di Bruce La Bruce e l’auspicio di arrivare in fondo ciechi ma felici, magari meno complessati del tamarro USA medio e della fatalona romantica che lo vorrebbe all’altare.
Jon è un don Giovanni dei nostri giorni che oggettifica tutto nella vita, a partire ovviamente dalle donne. I suoi amici lo chiamano Don Jon per la sua infallibilità nel portarsi a letto una bellissima ragazza ogni weekend: ma la sua dipendenza dalla pornografia lo ha reso insoddisfatto della sua vita, e decide allora d'intraprendere un cammino che gli resttuisca gratificazione e gioia anche dalla sua vita sessuale. Finirà con l'imparare molto sulla vita e sull'amore grazie all'aiuto di due donne.