Francis Lawrence

Red Sparrow

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Con il Russiagate allo scoperto e la controversa politica, interna e internazionale, di Putin, un film come Red Sparrow non può che essere visto come un’operazione volta a sancire ufficialmente il ritorno della Guerra Fredda, combattuta apertamente anche attraverso strumenti di largo consumo come il cinema.

Con una differenza sostanziale. Neanche le pellicole americane più esplicitamente di propaganda, prodotte durante la fase più acuta della guerra psicologica e spionistica tra Stati Uniti e Unione Sovietica, sono mai state così subdolamente spudorate come questo film diretto da Francis Lawrence. Che, è bene sapere, è tratto da un best seller di Jason Matthews, il quale, prima di darsi alla letteratura, ha servito il suo Paese per 33 anni in qualità di agente segreto della CIA.

Cosa che – viene da pensare – continua a fare anche da pensionato, stando all’immaginario decisamente di parte che è stato tratto dagli eventi raccontati nel suo romanzo. Ora, che la Russia non fosse, e tutt’ora non sia, uno degli stati più trasparenti e democratici di questo pianeta nessuno vuole metterlo in discussione. Ma che ci sia ancora chi prova a far passare il messaggio che gli Stati Uniti sono la patria della libertà, dell’uguaglianza, della fratellanza e della legalità, da cui tutti sognano di essere accolti, è un insulto bello e buono, degno di un repubblicano conservatore della vecchia guardia che non può che meritarsi un presidente come Donald Trump.

Un’immagine così diffamatoria e stereotipata della Russia non ha eguali neanche nelle descrizioni tipizzate di certo cinema commerciale hollywoodiano di stampo reaganiano. A Mosca – ci dicono Lawrence (Io sono leggenda e gli Hunger Games) e Matthews – tutto è corrotto e deprimente, e la gente comune è manovrata fin dalla nascita come burattini dal potere costituito che decide sulla vita e sulla morte dei civili a suo piacimento. Come se non bastasse, la donna russa è mignotta a prescindere e per volontà del governo; anzi, sono proprio le istituzioni ad addestrare le “compagne” a servire il proprio Paese con ciò che di più prezioso hanno tra le gambe. A tal proposito, come in un eroSSwastika d’annata, c’è una sequenza terrificante in cui una Charlotte Rampling in tenuta da kapò istruisce le allieve a liberarsi della propria individualità corporale e a mettersi al servizio delle impellenze fisiologiche del prossimo.

È in questo contesto di dittatura velata, difficoltà economiche usate come capestro e insuccessi personali che si muove Dominika Egorova (Jennifer Lawrence), promettente ballerina del Bol’šoj, con madre vedova e acciaccata al seguito (Joely Richardson), che, proprio durante la prima di uno spettacolo che dovrebbe cambiarle l’esistenza, si rompe una gamba, con conseguenze ineluttabili per la sua carriera. Eppure non tutto avviene per caso. Accade così che lo zio viscido di Dominika (Matthias Schoenaerts) sia un pezzo grosso dell’intelligence, nientepopodimeno che il braccio destro del Generale Korchnoi (Jeremy Irons). Dopo averla ricattata e sottoposta a un addestramento durissimo (quello di cui sopra con la Rampling), la trasforma in una “red sparrow”, appellativo con cui si identifica un certo nucleo di spie particolarmente abili nel dominare e raggirare gli uomini per mezzo del proprio fascino e di una particolare disinibizione sessuale.

Dall’altra parte della “cortina di ferro”, invece, c’è Nate Nash (Joel Edgerton), anche lui una spia, ma del Pentagono. Costui, con grande fatica, è riuscito a creare un rapporto di fiducia con una misteriosa talpa all’interno del Cremlino, che i vertici del potere russo vorrebbero smascherare. I due agenti sotto copertura si incontrano a Budapest, e qui inizia un gioco di attrazioni e doppi inganni. Se si riesce a chiudere un occhio rispetto al fatto che di attori russi che interpretano ruoli russi nel film non ce n’è uno neanche a pagarlo (e non è difficile capire il perché), e tutti, nella Russia di Red Sparrow, parlano inglese con tipica inflessione dell’Est, quello di Francis Lawrence non sarebbe neanche un brutto spy movie.

Il plot è intricato al punto giusto, l’azione ha un che di classico e “settantesco”, con poco uso del digitale o di coreografie impossibili. La rappresentazione della violenza è ruvida e più brutale della media, e anche la componente erotica, per quanto marginale e poco rilevante ai fini narrativi, offre scorci di nudità e implicazioni sessuali insoliti di questi tempi. Tanto che, se c’è un motivo per cui Red Sparrow verrà ricordato negli anni a venire, sarà per aver tenuto a battesimo e indugiato per primo sul corpo senza veli di Jennifer Lawrence, a suo agio nel divaricare le gambe senza mutandine o mostrare senza pudicizia lato B e seno prorompente.

È un peccato allora che Red Sparrow non faccia nulla per non apparire un film di propaganda reazionario. E della peggior specie.

Red Sparrow
USA, 2018, 139'
Titolo originale:
Red Sparrow
Regia:
Francis Lawrence
Sceneggiatura:
Justin Haythe
Fotografia:
Jo Willems
Montaggio:
Alan Edward Bell
Musica:
James Newton Howard
Cast:
Charlotte Rampling, Ciarán Hinds, Jennifer Lawrence, Jeremy Irons, Joel Edgerton, Joely Richardson, Mary-Louise Parker, Matthias Schoenaerts
Produzione:
Chernin Entertainment, Film Rites, Soundtrack New York
Distribuzione:
20th Century Fox

Dominika Egorova è una prima ballerina, che viene reclutata nella "Sparrow School", un servizio di intelligence russo dove è educata a diventare una letale amante e seduttrice. La sua prima missione ha come obiettivo Nathaniel Nash un ufficiale della CIA che monitora le infiltrazioni dei servizi segreti della Russia.

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