Salvatore Ferragamo è morto giovane. Ma sembra aver vissuto più vite di un gatto. Cavalcando il suo ingegno e il suo talento fuori dal comune, ancora bambino, ha intuito cosa poteva fare e assecondando istinto e determinazione ha costruito un impero. Il primo negozio a dodici anni in quella stessa Bonito (Avellino) in cui era nato, a diciassette emigrato negli Stati Uniti e non ancora ventenne era già diventato lo shoemaker delle star del cinema. Non c’era ancora nemmeno Hollywood e Salvatore Ferragamo aveva già i divi ai suoi piedi o, meglio, i piedi dei divi nelle sue mani.
È solo l’inizio della folgorante storia di Salvatore Ferragamo raccontata da Salvatore: il calzolaio dei sogni il documentario firmato da Luca Guadagnino. Molte interviste, non solo ai numerosi discendenti ed eredi ma anche a storici del costume, giornalisti di moda, creativi, stilisti, costumisti, registi (tra cui un divertito Martin Scorsese) che alternandosi ai materiali d’archivio ricostruisco ascesa, caduta e definitiva salita nell’empireo del “calzolaio di Bonito”. Un documentario piuttosto convenzionale dal punto di vista della forma che si consegna totalmente al personaggio e alla narrazione del genio, del coraggio e dell’intraprendenza entrando nella storia della grande famiglia che lo attornia e che ne raccoglie l’eredità sotto la guida dell’inarrestabile moglie Wanda. Al racconto imprenditoriale si aggiungono elementi inaspettati, come l’aneddoto del marchingegno ortopedico brevettato da Ferragamo per evitare di restare con una gamba più corta dopo il rovinoso incidente di macchina avuto sulla strada da Santa Barbara e la nascente Hollywood.
Molte le foto che testimoniano lo sfilare dei divi nell’atelier fiorentino in cui passano tutti da Sophia Lorena a Audrey Hepburn, da Anna Magnani a Joan Crawford e ancora prima, in quel sistema degli Studios del quale Ferragamo si impossessa, molti scatti lo mostrano nel suo camice bianco mentre calza Douglas Fairbanks, Rodolfo Valentino o Charlie Chaplin. Si aspetta un’immagine di Marilyn che indossa le leggendarie pumps rosse tempestate di cristalli Swarowski con cui il film si apre ma non arriva. Arrivano invece dei super8 girati dallo stesso Salvatore di una Firenze prebombardamenti che non esiste più e ancora i filmini di famiglia, la mamma, i fratelli, i figli piccolo che ritroviamo cresciuti nelle interviste di oggi.
Sembra quasi sottrarsi Guadagnino (anche se segna il film con la scelta della voce narrante di Michael Stuhlbarg) per lasciare completamente spazio alla celebrazione di questo patriarca simbolo di un’era e di un sistema produttivo divenuti esemplari, un'ode che si chiude con una vera e propria danza in cui sono le stesse creazioni di Ferragamo a muoversi in una coreografia che diventa una sorta di inno glorioso al “calzolaio di Bonito”.
L’appassionante storia umana, artistica e imprenditoriale di Salvatore Ferragamo, dall’infanzia a Bonito, dove ha realizzato le sue prime scarpe, al viaggio in America in cerca di fortuna, dalle esperienze a Hollywood al ritorno in Italia, dal rischio del fallimento alla rinascita nel suo laboratorio di Firenze fino alla definitiva consacrazione.