Poliziesco con detection, ma anche thriller spionistico, mélo, action (quasi) à la Jason Statham con parentesi dedicata alla formazione marziale, dramma sui disturbi del neurosviluppo. Film a scatole cinesi con agnizioni che sfidano il (pur legittimo, per lo spettatore) diritto alla sospensione della credulità e colpi di scena sparsi fino alla penultima scena.
In The Accountant – storia di un geniale contabile affetto dalla sindrome di Asperger, che lavora per potenti organizzazioni malavitose e sulle cui tracce si muovono il direttore della sezione crimini finanziari del Dipartimento del Tesoro e una giovane analista dal passato turbolento – colpisce l’incondizionata fiducia che l’industria hollywoodiana ripone ancora nel potere affabulatorio dei generi, che qui si susseguono e si intrecciano senza nessun ammiccamento al postmoderno (grazie al cielo) ma, anzi, con un occhio volenterosamente rivolto al cinema classico.
Ambizione nobile, che naufraga per la messa in scena maldestra del già altrove maldestro Gavin O’Connor, che si sforza di trovare una professionalità almeno da shooter, se non una personalità d’autore, già dalla prima sequenza (che introduce lo spettatore a una scena del crimine con un’alternanza secca di soggettive, semi-soggettive e oggettive), ma, non approdando né all’una né all’altra, disperde i motivi di interesse della sceneggiatura in flashback di rara goffaggine.
Discorso a parte merita invece la prova di Ben Affleck (e, più in generale, la seconda parte della sua carriera): come se avesse preso lucidamente atto dei suoi limiti espressivi, l’attore e autore californiano sceglie con oculatezza ruoli in cui questi limiti vengano azzerati, se non addirittura esaltati, da esigenze di copione: è il caso di Hollywoodland (in cui impersona il mediocre attore George Reeves, interprete della serie Adventures of Superman), di To the Wonder (per Malick gli attori non sono altro che particelle infinitesimali nel complesso progetto del Creatore), del marito babbeo di Gone Girl, e proprio di The Accountant, dove il suo contabile autistico si guarda bene dal muovere qualsiasi muscolo facciale per 128 minuti, a parte un sorriso appena accennato concesso nell’ultimo fotogramma: il vero colpo di scena conclusivo.
Christian Wolff, un genio matematico che ha più affinità con i numeri che con le persone, lavora sotto copertura in un piccolo studio come contabile freelance per alcune delle più pericolose organizzazioni criminali del pianeta. Nonostante abbia la Divisione anti-crimine del Dipartimento del Tesoro alle costole, Christian accetta l'incarico di un nuovo cliente: una società di robotica dove una delle contabili ha scoperto una discrepanza nei conti di milioni di dollari. Ma non appena Christian inizia a svelare il mistero e ad avvicinarsi alla verità, il numero delle vittime inizia a crescere.