Un reboot anomalo, più che un sequel. Dopo il grossolano fumettone di David Ayer e il divertente riassetto action di Cathy Yan, il tutto passa nelle mani di James Gunn, che in quanto a parodia dei supereroi e a demenzialità può dire giustamente la sua. Formatosi nell’universo Troma (sua la sceneggiatura di Tromeo & Juliet), autore della brillante caricatura di Super - Attento crimine!!! e reduce dai due Guardiani della galassia ― in un curioso caso di regista con un piede nelle due scarpe Marvel e DC Comics ―, Gunn sposta di quel tanto l’asse di riferimento della Suicide Squad per farne un’avventura esagerata ed esagitata, in cui prevale un tocco iperbolico e ammiccante che lo situa oltre i due predecessori per ironia e capacità di coinvolgimento. L’azione convulsa, infatti, non è mai caos cinetico, come accade troppo spesso in esempi di questo tipo, ma punta all’allestimento di una coreografia basata su un’iperviolenza che indugia ― divertendosi ― nello splatter e che ha portato alcuni paesi a un divieto ai minori, anche se in realtà si tratta di un’esibizione talmente eccedente e compiaciuta che rivela il suo carattere farsesco fin dalla prima sequenza, quando il personaggio di Savant uccide un passerotto con una pallina, giocando di sponda all’interno del suo angusto spazio di reclusione.
Gunn punta a spiazzare, a mostrare quello che si nasconde sotto l’apparenza. Spiazza alla ricerca di un’oscura comicità, ma anche per rivelare il carattere altrimenti nascosto dei suoi personaggi. E cerca di portare fuori strada fin dall’inizio, quando illustra il tentativo di invasione di un’isola sudamericana da parte di un’improbabile combriccola di supereroi stralunati, spacciati per protagonisti e inviati come specchietto per le allodole dalla Task Force X capeggiata dalla cinica Amanda Waller (Viola Davis). Sotto l’evidenza, riesce invece a delineare e poi compattare un (altro) gruppo di eroi altrettanto improbabili, almeno quanto lo erano i suoi Guardiani della Galassia, che diventano tuttavia credibili perché osservati da vicino, nei loro obiettivi come nelle loro umane debolezze, frutto anche di trascorsi traumatici. È in questo preciso aspetto, nel coniugare con furbizia le convenzioni del filone supereroistico con l’attenzione per le individualità dei personaggi che la scrittura di Gunn valorizza nel modo migliore la sua stessa regia. I personaggi, infatti, sono delineati abilmente, non solo quelli principali come Bloodsport o Peacemaker, che si contendono la leadership della missione e a cui Idris Elba e John Cena garantiscono il necessario impatto sullo schermo, per personalità e impatto nell’azione (e restando in attesa che il prossimo anno esca una serie dedicata al solo Peacemaker, creata da Gunn per HBO e interpretata dallo stesso Cena).
Se Harley Quinn occupa una posizione meno centrale rispetto ai due film precedenti, pur palesando sempre le stesse caratteristiche, e King Shark è personaggio di contorno utile a qualche facile risata, condito dall’interesse di essere doppiato nella versione originale da Sylvester Stallone, è nella costruzione delle figure di Ratcacher 2 e soprattutto di Polka-Dot Man che il film s’innalza. Quest’ultimo, in particolare, depresso, asociale, vittima di un odio nei confronti della madre che è la motivazione principale di ogni sua azione e affetto da ematomi-pois fluorescenti che gli infestano il volto due volte al giorno e che devono essere necessariamente evacuati per rimanere in vita, è la vera rivelazione del gruppo, in virtù anche dell’ottima interpretazione underacting, dimessa e atterrita di David Dastmalchian.
The Suicide Squad – Missione suicida è un grande gioco. Lo è al suo interno, con le teste che spiccano via con un sorriso, le stelle marine occhiute che succhiano la vitalità come ventose e i proiettili che si conficcano al ralenti l’uno nell’altro, e soprattutto lo è verso l’esterno, con un dialogo intrattenuto con il pubblico, sollecitato costantemente da una violenza che è insieme spettacolo ed effetti e dall’enorme mole di rimandi, citazioni ed easter eggs inevitabili in questo tipo di narrazione.
Meno giocoso e probabilmente più attinente al recente mutamento dell’avvelenato clima politico americano è invece il riferimento alle ingerenze del governo nella politica dell’America Latina, benché di un paese inventato e dal nome fumettistico come l’isola di Corto Maltese. Non si tratta certo di una novità, sia per quanto riguarda il Sud America (la virilità del big stick rooseveltiano ha quasi 120 anni, ormai), sia per il cinema americano, che ci mette sempre un po’, ma poi alla fine ci arriva, denuncia e fa anche una gran figura (si pensi solo a Green Zone, che parlò dell’inesistenza delle tanto temute armi di distruzione di massa circa sei anni dopo il momento in cui non si sapeva più dove diavolo scovarle). È però pratica del tutto inconsueta nelle dimensioni parallele MCU e DC e non è certo una conquista da poco.
Benvenuti all’inferno, cioè a Belle Reve, la prigione con il più alto tasso di mortalità degli Stati Uniti, dove sono rinchiusi i peggiori supercriminali, che faranno di tutto per uscirne – anche unirsi alla super segreta e oscura Task Force X. Il motto del giorno è ‘O la va o la spacca’: si riuniscano una serie di truffatori, tra cui Bloodsport, Peacemaker, Capitan Boomerang, Ratcatcher 2, Savant, King Shark, Blackguard, Javelin e la psicopatica più amata di tutti, Harley Quinn. Quindi si armino pesantemente e si lascino cadere (letteralmente) sulla remota isola di Corto Maltese, piena di nemici. Avventurandosi in una giungla brulicante di avversari militanti e forze di guerriglia, la Squadra sarà coinvolta in una missione di ricerca e distruzione, sotto la guida sul territorio del colonnello Rick Flag… e le direttive degli esperti tecnologici del governo di Amanda Waller nelle orecchie, che seguono ogni loro movimento. E come sempre, ad ogni mossa falsa rischiano la morte (per mano dei loro avversari, di un compagno di squadra o della stessa Waller). A voler scommetterci, la vincita è a loro sfavore – contro ognuno di loro.