Nella sempre più inflazionata colonia delle biografie filmate, questa di Davide Ferrario (presentata al Festival di Roma) si segnala per chiarezza di intenti e pulizia di tocco. Primo perchè l'eclettico regista bergamasco trapiantato a Torino sa come armonizzare gli elementi tecnici di un'opera filmata senza appesantire la materia, specialmente quando si trova di fronte a progetti non fiction (da Materiali partigiani del 1995 a Piazza Garibaldi 2011), peraltro costruiti anche con l'astuzia della fiction. Secondo perchè l'”oggetto” del documentario, Umberto Eco, è un pilastro della cultura, non solo italiana, del secondo Novecento, uno di quegli studiosi che è diventato un riferimento del sapere razionalista sotto varie forme e in vari settori, uno spirito di enciclopedista garbato e appassionato, mai venuto meno di una leggerezza di eloquio davvero rara negli ambienti accademici.
Di Eco, Ferrario qui ricerca e sottolinea uno dei suoi aspetti più stupefacenti, significativi e persino spettacolari del suo magistero, ovvero la sua bibliofilia (si badi bene: non bibliomania) e, di conseguenza, la sua devozione ai libri: “l'insieme delle biblioteche è l'insieme della memoria dell'umanità” e “noi siamo la nostra memoria, la memoria è l'anima”.
In tre capitoli più un epilogo, scopriamo anche alcuni aspetti meno noti della sua passione per, appunto, “la memoria vegetale”. Si parte dalla fine, dalla sua scomparsa, dall'affermazione del riconoscimento di una fama fatta di rispetto e stima. E poi, accompagnati dalle parole della moglie, dei figli e dei suoi collaboratori, entriamo nelle stanze (che non per caso sembrano all'inizio un labirinto) della sua immensa “libreria”, da inesauribile enciclopedista e curioso, composta da “1200 testi antichi e 30 mila moderni”. Come un invito a un viaggio vertiginoso ma confortevole, scopriamo le sue passioni più speciali, quelle per le immagini (a partire dai libri di alchimia per finire ai fumetti, secondo un approccio che andava dall'ultra specializzazione più recondita e arcana all'Uomo Mascherato o i Peanuts), a quelle per i testi di quell'altro incredibile mondo parallelo costruito dal falso sapere, dall'erudizione che si sbaglia(va). Ovvero, il frutto di una vita tutta ben spesa a rischiarare con la luce della ragione il buio dell'errore, non senza moti di sincera simpatia e anche ammirazione per gli esploratori più spericolati dell'assurdo, dello stravagante, dell'eccentrico.
A colorare la narrazione provvedono poi inserti specifici, con l'eleganza dello sguardo di Ferrario che riesce a rendere il saggio sciolto, non “balanzonesco”, proprio come era il conversare del professor Eco, pronto allo humour e alla prospettiva spiazzante. Sei estratti dai suoi scritti (ovviamente presi quasi tutti dalla sua saggistica più rivolta alla bibliofilia e ai problemi della creazione letteraria) vengono recitati da altrettanti attori; diciamo volutamente recitati e non declamati perché costruiti in forma di garbate azioni sceniche, con gag e ammiccamenti. Riprese fatte di felpate ed “educate” carrellate si aprono alla descrizione di biblioteche pubbliche spesso di ardita architettura, ora settecentesche ora ultramoderne, mentre una adeguata “soave” colonna sonora classica (Carl Orff e anche Barovero) rallegra e accompagna.
Un prezioso ritratto documentario che è anche occasione per un prezioso fiordafiore di considerazioni più generali, nei confronti della vita (“entriamo quando i giochi sono fatti e usciamo senza sapere come andrà a finire”) della parola, del segno che “è tutto ciò che può essere usato per mentire” o nei confronti del nuovo sapere digitale, indiscriminato e senza filtri: “troppe cose fanno il rumore e il rumore non è uno strumento di conoscenza”.
La biblioteca privata di Umberto Eco era un mondo a sé: più di 30.000 volumi di titoli contemporanei e 1.500 libri rari e antichi. Davide Ferrario, che con Umberto Eco aveva collaborato per una videoinstallazione alla Biennale Arte di Venezia un anno prima della morte dello scrittore, ha avuto accesso alla biblioteca grazie alla fattiva collaborazione della famiglia. Ne è nato un documentario che non solo descrive un luogo straordinario, ma cerca di afferrare il senso dell’idea di biblioteca in quanto “memoria del mondo”, come la definiva lo stesso Eco.