Come si fa ad essere d'accordo con la costruzione della Tav, sapendo che un'intera popolazione sta perdendo la propria casa, il proprio territorio, la propria vita? E perchè i media, i programmi televisivi, gli spazi d'informazione, i commentatori dei quotidiani più venduti, non danno voce agli abitanti della Val di Susa? Perché l'opinione pubblica considera il movimento No Tav violento, formato da gente ribelle che crea scompiglio alla polizia? Domande senza risposta, o con una risposta troppo ovvia a cui siamo abituati da decenni, legata agli interessi dei più forti, di chi specula costruendo anche dove non si deve.
Ci prova Daniele Gaglianone a dare una risposta, anche se non è questa la sua intenzione. Qui è quel luogo che rischia di diventare un "non luogo", zona astratta della Val di Susa, che superato il confine del Piemonte nessuno sa dove sia e come sia. Una valle contornata da montagne, vicina alla Francia e che si costeggia andando verso il tunnel del Frejus. Una valle anonima, animata da gente violenta che non ha niente da fare, secondo molti. Non è così, ovviamente, e il documentario di Gaglianone lo spiega molto bene.
"Nei ritratti di questo documentario un gruppo di persone si racconta attraverso parole e silenzi. Con vissuti tra loro lontani e con attitudini distanti, si sono ritrovati dalla stessa parte ad abitare la stessa lotta contro la linea ad alta velocità Torino-Lione che dovrebbe passare in Val di Susa, una valle già attraversata da due statali, un’autostrada e una linea ferroviaria dove transitano i TGV, Train à Grande Vitesse".
Tra questi tenaci attivisti, che lottano da più di vent'anni per conservare intatta la propria terra c'è Gabriella, esponente del volontariato sociale cattolico, i Cattolici per la vita della valle. Quello che compiono è un pellegrinaggio quotidiano, per raggiungere le reti di recinzione del cantiere di Chiomonte e condurre una sessione di preghiera collettiva, sotto gli occhi delle forze dell'ordine.
C'è Cinzia, infermiera, che denuncia la violenza dello sgombero della “Libera Repubblica della Maddalena”, il 27 giugno 2011, condannando l'uso di lacrimogeni caricati con un gas terribilmente dannoso per la salute. Nel film assistiamo alla meravigliosa lezione civile tenuta da Cinzia a un plotone di carabinieri, in mezzo alle montagne, facendo leva sulla coscienza personale dei militari nel chiedere loro di meditare sull'accaduto e di prendere le distanze dai metodi violenti della repressione, ordinata per proteggere una grande opera completamente inutile e devastante, concepita a esclusivo beneficio di una élite politica, economica, finanziaria e mafiosa.
C'è Alessandro, carabiniere in congedo, ferito mentre manifestava conto l'arroganza della polizia. C'è una famiglia che scopre casualmente che la loro casa verrà distrutta perché la ferrovia dovrebbe passare nel loro salotto. Come, loro, molte altre testimonianze di gente comune, che lotta per sopravvivere.
Un pezzo d'Italia che non si vede, uno dei tanti "qui" in cui la democrazia è assente, quando invece dovrebbe essere una garanzia. Un luogo in cui la polizia esercita atteggiamenti arroganti e violenti, una delle tante ingiustizie italiane.
L'obiettivo di Daniele Gaglianone è molto sensibile nel mostrare questo angolo di umanità, silenzioso e partigiano, dote preziosa, già vista in quasi tutti i suoi film, da I Nostri anni al recente La mia classe.
"Io credo nelle ragioni dei protagonisti del documentario. Ma alla fine, a me come regista di questo film, non è più questo che importa, il torto o la ragione. A me importa che alla fine di questo viaggio chi ha guardato questi volti e ascoltato queste voci comprenda che è possibile trovarsi nella loro condizione e fare le loro scelte, e che tutto questo, qui e ovunque, merita molto rispetto. E anche tanta gratitudine".