Costantino è un sacerdote appena spretato per amore di una donna che prontamente lo lascia. Sua sorella Rosa Maria abbandona il marito (il cornuto Arturo, la cui vita diventa impossibile in paese) per rifugiarsi in una capanna vista mare con la badante slovacca Valbona, la cui sorella è una prostituta in pensione che vuole godersi i frutti del sudato lavoro. Il gruppetto si ritrova in un fatiscente faro di famiglia, la cui ristrutturazione viene affidata a due fratelli circensi e una bambina, sottratta alla scuola per amore paterno.
La sinossi di Una piccola impresa meridionale, opera seconda di Rocco Papaleo che segue il successo di Basilicata Coast to Coast, spiega da sola l’intento programmatico del film: raffigurare in tono grottesco-elegiaco una potenziale famiglia disfunzionale formata da figure che, con il loro carico simbolico, rappresentano i reietti di una società conformista.
L’ex prete e l’ex puttana, le lesbiche e il cornuto, i manovali artistoidi e l’integerrima maestra in pensione che apre gli occhi sulla ritrovata bontà degli affetti, sono figurine esili e meccanicamente caratterizzate, pronte da inserire in un canone collettivo che tracima sentimenti civilmente utili. E se va riconosciuto a Papaleo il non cedere a una consolatoria pacificazione etico-sociale, il grado di problematicità dei conflitti messi in campo è troppo elementare per trovare una chiave di lettura originale.
Lo sguardo dell’autore si posa leggiadro sui suoi personaggi con devota indulgenza così da semplificare il loro conflitto con la comunità. Papaleo dipinge i suoi piccoli eroi attraverso metafore e immagini didascaliche: la ristrutturazione del faro come metodo terapeutico per aggiustare se stessi, le inquadrature sul mare del Sinis come anelito di libertà (ma era necessario un carrello sulle onde a ogni cambio scena?), l’autosufficienza creativa come antidoto alla rozzezza della provincia.
Papaleo si dimostra incapace di andare oltre la convenzione, sbandando nei momenti più estrosi di messa in scena (tra cui un improbabile funerale gitaneggiante e rosso fuoco tra le rovine di Tharros), per costruire un santino rovesciato in cui i suoi dropout sembrano candidi soldatini in marcia verso una minoritaria società migliore.
Un ex prete, don Costantino, viene confinato dalla madre perché non si sappia che si è spretato. Mamma Stella, infatti, ha già un altro scandalo da affrontare: sua figlia Rosa Maria ha lasciato il marito, Arturo, ed è scappata con un misterioso amante. Il vecchio faro in disuso - che appartiene alla famiglia di Costantino e che dovrebbe garantirgli l'isolamento -, attira invece gente come un magnete, trasformandosi via via in un refugium peccatorum. Dopo l'ex prete arriva una ex prostituta, Magnolia. Poi il cognato cornuto, Arturo. Infine una stravagante ditta di ristrutturazioni chiamata per riparare il tetto del faro.