Fare cinema significa creare immagini. Pensiamo a titoli recenti come Oppenheimer di Christopher Nolan (2023) o The Brutalist di Brady Corbet (2024). Entrambi si muovono raccontando la storia di qualcuno che avverte l’esigenza di dare forma concreta a un’idea, un’intuizione. Il problema sarà trovare una modalità per farlo. Il ruolo del regista cinematografico è il medesimo: come riuscire a dare una forma filmica a un impulso astratto? Jean-François Laguionie, all’età di 85 anni, è convinto che la soluzione a questo quesito sia semplice, ovvero disegnando.
Il film racconta l’entrata nell’adolescenza di François, un ragazzo che, sulle rive della Marna, nel secondo dopoguerra, dovrà imparare a conoscere più da vicino il padre acquisito, Pierre, alle prese con un hobby molto particolare: costruire una barca in giardino ricalcando il modello esatto della barca a vela con cui il navigatore Joshua Slocum, per primo, circumnavigò il globo. Una barca in giardino sfrutta questa cornice narrativa, a cavallo tra coming of age e racconto autobiografico, solamente come un pretesto. Ciò che interessa maggiormente a Laguionie è ragionare sul suo ruolo, sulle sue responsabilità in quanto creatore di immagini, di disegni animati.
Non è quindi un caso che il film si apra con degli ambienti che via via prendono vita su una pagina bianca, vengono costruiti con tratto, colori, dettagli… Ma non finisce qui. Pensateci: quante idee cercano di essere concretizzate nel racconto? La ricostruzione del secondo dopoguerra, palpabile spia di uno slancio economico e sociale che di lì a poco avrebbe riguardato la Francia; il profilo timido e indefinito, ibridato tra animazione tradizionale e digitale, con cui il regista dà vita al suo alter ego a pastelli; la barca in giardino che fa da titolo italiano alla pellicola, a lungo covata nelle fantasie di Pierre; le ambiziose ossessioni del capitano di ventura Slocum, alle prese con un viaggio nautico in solitaria attorno al mondo...
Equilibrando con tatto tutti questi elementi, Una barca in giardino si rivela il compimento di un percorso intrapreso circa quindici anni fa, quando con La tela animata (2011) e Le stagioni di Louise (2016) il regista francese aveva già iniziato a riflettere su simili aspetti, strillando a gran voce tutta la sua fiducia cieca nei confronti dell’animazione, una tecnica capace di visualizzare e dare vita (letteralmente parlando, animando) a immagini in grado di comprendere meglio il nostro punto di vista sul mondo che ci circonda. Guardando, impariamo e comprendiamo. Proprio come un adolescente che osserva il suo riferimento adulto, come un carpentiere alle prese con le istruzioni di un progetto, come un disegnatore che riporta il mondo su carta.
Francia, fine anni '40. L'undicenne François vive in un villaggio sulle rive della Marna con la madre Geneviève e il padre adottivo Pierre. Un giorno scopre che Pierre ha cominciato a costruire in giardino la replica della Spray, la leggendaria barca a vela sulla quale nel 1895 il marinaio Joshua Slocum completò per primo il giro del mondo in solitaria...