Ci avrei scommesso: ha vinto Quarto potere, che ha collezionato dieci citazioni e un totale di 72 punti (il che significa che sta piuttosto in alto nella classifica di quelli che l'hanno citato, per esempio primo per Chiara Borroni, Fabrizio Liberti e Lorenzo Pellizzari e secondo per Anton Giulio Mancino e Antonio Termenini; io - come Chiara Zingariello - l'ho messo bassino, sesto, immaginando che il "film dei film" ce l'avrebbe fatta anche senza il mio aiuto).
Interrogato sui suoi registi classici preferiti, Orson Welles rispose: "John Ford, John Ford e John Ford!". E la classifica gli dà ragione: infatti, il regista più citato non è il cittadino Welles ma proprio John Ford. Più di 130 film e solo l'imbarazzo della scelta. Personalmente, mi sono tormentata tra Sentieri selvaggi (arrivato secondo) e L'uomo che uccise Liberty Valance (sesto, nella foto); ma si piazzano bene anche Sfida infernale, Il sole splende alto e Ombre rosse.
E qui, una sorpresa: il genere più obsoleto degli ultimi decenni (nonostante Django Unchained), il western, è molto amato e ha ben tre titoli tra i primi dieci (i due di Ford e Un dollaro d'onore di Hawks). A parte la classifica rigorosamente maniacale di Alberto Morsiani (sei western e quattro noir), western, noir e thriller dominano, seguiti dalla fantascienza, "trainata" da 2001: odissea nello spazio (terzo) e Incontri ravvicinati del terzo tipo.
Il secondo regista più citato, ça va sans dire, è Stanley Kubrick (alto anche Arancia meccanica), seguito da Welles, Hitchcok, Hawks, Wilder (a pari merito con Rossellini). L'altra bella sorpresa è trovare al quinto posto un film sotterraneo e ombroso come La morte corre sul fiume, unica regia di Charles Laughton, che fino a un paio di decenni fa non era nemmeno citato nelle storie del cinema. Nono e decimo, altri due classici estremi: L'Atalante di Vigo e l'Andrej Rublëv di Tarkovskij.
Poi, certi numeri uno eccentrici e "indispensabili", come Heat (Mann) di Pier Maria Bocchi, Il diritto del più forte (Fassbinder) di Paola Brunetta, Gun Crazy (Lewis) di Rinaldo Censi, Le stagioni (Pelesjan) di Valentina Alfonsi, Aurora (Murnau) di Giacomo Manzoli, Alien (Scott) di Chiara Santilli, il mio amato Scarpette rosse (Powell & Pressburger).
In generale, non rilevanti le differenze generazionali tra i votanti, predominanza assoluta del cinema classico, seguito da quello anni Settanta/Ottanta. Dovendo definire la classifica in tre parole: filoamericana, di genere, partigiana.
Un rimpianto personale: aver dimenticato un film del cuore come Il mucchio selvaggio di Peckinpah.