E poi anche partir, revenir. Partire, ritornare. Ma anche “tornare per rivivere”, come voleva Claude Lelouch (era il 1985, l’anno di quel film), il cui cinema è sempre un tornare per poter rivivere, ma poi ripartire ancora, e tornare di nuovo, e ripartire, tornare. Partir, revenir. Quanti verbi, quante azioni. Piacere, amare, correre (in fretta): ma quale film sulla fine e sulla morte? Questo è un film sul moto, sul gesto, sul voler agire, sul pensare di fare, e quindi anche sulla pausa, sulla paura di muoversi, sull’indecisione e sull’imbarazzo di spostarsi. Quanta iniziativa, quanta intraprendenza c’è in Plaire, aimer et courir vite. Quanto amore: per il passaggio da un posto a un altro, da qui a là, da un città a un’altra, da un’età a un’altra.
In Un uomo, una donna (1966) Anne e Jean-Louis s’incontravano a Deauville, per caso: la distanza (da Parigi) li separava e infine li univa. A separare e unire lo scrittore Jacques e il giovane Arthur sono una distanza (fra Rennes e Parigi) e una generazione, una malattia bastarda e un entusiasmo, una sensibilità e uno sguardo sul mondo. Un uomo, un uomo: e correre per piacere (in fretta!), correre per amare, per non morire. Christophe Honoré, nel suo film più lelouchano (e nella scena del viaggio di Jacques in auto, interrotto dal timore, Un uomo, una donna sembra davvero tornare per rivivere, alla lettera), non vuole abbandonarsi alla disfatta, perché solo gli amanti sopravvivono. «Diffidare dei gay che non amano il sesso nei bagni pubblici, è molto probabile non amino neppure la letteratura»: se il prezzo da pagare è annusare l’odore di piscio, si tratta di una piccola cosa, rispetto al piacere conquistato. Ciò significa che la vergogna ha comunque le ore contate, davanti al potere incontrastato del corpo che gode e del cuore che batte.
Alla larga dalla chiusura del cerchio: sono i primi anni Novanta, e l’Aids non conosce fermi, tuttavia piacere, amare e correre significa non poter abdicare all’euforia dei sentimenti, forse tormentati eppure entusiasmanti. Come Lelouch, anche Honoré non crede al vintage e non sceglie la mestizia: perché la vita è fatta di andirivieni che osano sfidarla, anche quando intorno tutto marcisce, anche quando l’odore di piscio è nauseante. Viva la vita, così si intitolava il solo film di fantascienza (apparente) di Claude Lelouch: vive la vie, penso che potrebbe essere il sottotitolo di questo film di dolcezze esitanti e di uomini che amano in fretta, perché anche il tempo corre in fretta, ma difficilmente il suo è un atto di piacere e da amare.