Di cosa parliamo se non parliamo d’amore? Lui e lei, ancora. La benedetta maledizione della coppia. Impossibile, indispensabile. Il sacro entusiasmo della passione e l’abitudine che ammorba, gli impicci quotidiani e le mistiche agnizioni sessuali, la voglia di libertà e il bisogno di certezze. L’anticonformismo (fuori tempo massimo?) e il suo conformistico tran tran da mettere alla prova col conformismo di un anticonformistico matrimonio anti-borghese.
Ben e Olivia si amano. O si amavano. Si ameranno ancora, di sicuro. Nubi campeggiano in salotto. Lei e lui ricordano, rielaborano, riflettono su ciò che sono diventati. Amarsi ed essere felici. Sentirsi oppressi (provocati) da chi li vorrebbe inquadrare dentro i canoni di una coppia “normale” con figli. Scoprire di essere in fondo come tutti, con le fragilità di tutti, le contraddizioni. Lei che in fondo è attratta dall’archetipo dell’uomo di successo che ti regala un po’ di sicurezza e anche uno status. Lui che in fondo è in cerca di conferme e quando si presenta l’occasione non resiste al richiamo della trasgressione. Il matrimonio è il punto di non ritorno, il momento della verità.
La storia e i temi non potrebbero essere più convenzionali. La differenza, ormai, la fa solo l’onestà con cui li puoi affrontare, direi quasi lo stupore, la consapevolezza malinconica, magari, di ritrovarsi trascinati (dai propri “eroi”, dai loro sentimenti) proprio là dove non volevi arrivare. Dentro Between Us ci potete trovare tutti i personaggi-tipo e i birignao stilistici di quel genere che è diventato il “cinema indie”. Ma Rafael Palacio Lingworth, fortunatamente, sembra più impegnato ad amare i suoi personaggi, a raccontarli senza giudizi, piuttosto che a declamare il proprio talento (che c’è e si vede) o a esibire il “dispositivo”. Le voci off ma anche i dialoghi alleniani, il naturalismo ruvido ma anche la commedia romantica, l’intellettualismo e il sentimentalismo, i cliché dell’ambiente losangelino (quell’urticante modo di essere e di pensare) e la realtà claustrofobica della vita in due dentro un appartamento che sarà sempre inevitabilmente troppo stretto, ma in cui si può provare ad essere felici.
Lingworth non lascia quasi nulla di intentato, e quasi nulla riesce a trattenere davvero in profondità. È inevitabilmente tutto déjà vu. Eppure la sua libertà eclettica, la sensibilità cassavetiana, fanno sì che Between Us abbia momenti di intensa (comica, drammatica) verità. Sa scappare via da una situazione, perché non diventi troppo ovvia e patetica, e soffermarsi su dettagli importanti senza darlo a vedere. Sa rimanere a lungo su un’inquadratura o trascinare una scena fino al parossismo (la danza-rito dei due innamorati anticonformisti che esorcizzano la paura di diventare marito e moglie). Ci vuole anche del coraggio a parlare ancora d’amore con questa sincerità (attonita).