Leonardo Van Dijl

Julie ha un segreto

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Si chiude con una partita di tennis fittizia Blow-Up di Antonioni, con i mimi intenti a simulare i colpi di racchetta in un parco londinese; si apre con una sessione di allenamento su cemento Julie ha un segreto, con una giovane tennista impegnata a perfezionare servizio e dritto, con palline altrettanto invisibili. È l’unica concessione all’immaginario del rigoroso esordio nel lungometraggio del belga Leonardo Van Dijl, che inscrive invece la dimensione del recondito e dell’imperscrutabile nella sussurrata introspezione della sua turbata protagonista. In un’accademia d’élite per nuove promesse Julie svetta per tecnica, dedizione, umiltà, destreggiandosi tra scuola, campi da gioco e test d’ammissione alla Federazione. La sospensione del suo coach per presunti abusi verso una talentuosa compagna suicida scuote il club: le allieve sono convocate per testimoniare in un’inchiesta interna; anche Julie, che però omette una verità personale. Diniego per pudore, morbosa lealtà al mentore o ritrosia a ogni possibile distrazione dal suo percorso? Julie ha un segreto, inaspettata risposta al cinismo verso le denunce tardive, conduce altrove.

Tra i film psicologici minimalisti cesellati sul non detto, dove la reticenza non è esercizio di stile ma rispettosa adesione all’intimità del personaggio, Julie ha un segreto, presentato alla Semaine de la Critique di Cannes, si circoscrive per la distanza sia alle convenzioni e alle retoriche del coming of age agonistico (senza traccia di partite), sia alla contestualizzazione sociologica di un male di vivere competitivo, anche se è inevitabile rievocare i processi nella ginnastica ritmica o il caso di Elena Rybakina. La regia di Van Dijl scolpisce il tempo della cognizione, quella di un’esperienza senza approdi né catarsi, di uno dei tanti piccoli lutti senza morte che costellano il quotidiano (nel tramonto dei padri), di un dolore che ristagna senza significare nulla. “Quando mi hai chiesto di smettere, ho smesso”, confida l’allenatore a Julie: insieme a un dettaglio rivelatore nel finale, è un accento di ambiguità che sfuma i piani del reale nelle cadenze di placida tensione e nell’essenzialità di scrittura che riesce a plasmare, senza moralismi sbandierati, uno dei pensieri di Marco Aurelio: “Commette ingiustizia non solo chi fa ma anche chi non fa”.

Ogni film sul tennis, invero, sconfina nel metacinema, secondo il più magistrale saggio sulla fenomenologia della racchetta, il documentario John McEnroe – L’impero della perfezione, in cui si cita il critico Serge Daney, cronista al Roland Garros, che elesse il tennis come sport più contiguo al dispositivo filmico, l’unico in cui l’atleta, come il regista, si fa artefice del tempo di gioco che è anche quello del racconto. Van Dijl non dispiega il potenziale estetico di tali fondamenti teorici, ma attraverso la disciplina sportiva più intrisa di solitudine compone la rarefazione del tempo bergsoniano dell’inquietudine, dell’attesa, della coscienza, che è apertura al prossimo, mentre il decorso della vita ci esige. Estraneo ai meccanismi del thriller dell’anima e alla ritrattistica chiaroscurale della vulnerabilità del campione, Julie ha un segreto puntella la sua tessitura audiovisiva, scabra ma non refrattaria, del vuoto e del silenzio (in coerenza con il titolo originale, Julie Keeps Quiet) nella fissità dei long take, nell’astrattezza figurativa, nella spazialità alienante di interni freddi, nei controcampi negati al di là della rete, ma anche nelle vibrazioni allusive dei volti e dei prosciugati dialoghi. Trovando nell’interpretazione di Tessa Van den Broeck, tennista adolescente, un nitore di autenticità che segna il match point della vicenda narrata e della sua messa in quadro.


 

Julie ha un segreto
Belgio, Svezia, 2024, 100'
Titolo originale:
Julie zwijgt / Julie Keeps Quiet
Regia:
Leonardo Van Dijl
Sceneggiatura:
Ruth Becquart, Leonardo Van Dijl
Fotografia:
Nicolas Karakatsanis
Montaggio:
Bert Jacobs
Musica:
Caroline Shaw
Cast:
Tessa Van den Broeck, Grace Biot, Alyssa Lorette, Noah Lecloux, Luca de Maar, Qays Jahier, Tommy Buyl, Claire Bodson, Pierre Gervais, Laurent Caron
Produzione:
De Wereldvrede, Blue Morning Pictures, Centre du Cinéma et de l'Audiovisuel de la Fédération Wallonie-Bruxelles
Distribuzione:
I Wonder Pictures

È una vita dedicata al tennis, quella di Julie, giovanissima promessa sportiva dal talento indiscutibile: passa le sue giornate tra la scuola, il campo da gioco e gli allenamenti in un’accademia d’elite destinata a formare le campionesse di domani. Quando il suo coach viene sospeso e indagato con l’accusa di comportamenti inappropriati, tutte le giocatrici sono invitate a portare la loro testimonianza. Ma Julie, che qualcosa da dire forse ce l’ha, decide di rimanere in silenzio…

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