«Quando ho compiuto nove anni mio padre mi ha fatto due regali: una camicia e una chitarra. Mi ha abbottonato la camicia poi abbiamo iniziato a suonare. C’ha messo tutto il pomeriggio a insegnarmi la prima canzone, e io l’ho imparata».
Bastano queste poche parole in incipit per delineare la caratterizzazione del personaggio, mentre la macchina da presa lo riprende di spalle e, timidamente, si avvicina fino a svelarne il volto: Alessandro, cantante sardo di musica folk. Una camicia e una chitarra, il resto non serve. Il resto sono serate passate a sbronzarsi in compagnia di se stesso e delle slot machines, un martini dopo l’altro, affogando nel naufragio esistenziale di cinquantenne senza una casa né un motivo per rimanere a galla. E il mare effettivamente c’è, ma non dà sollievo: è poco più di un luccichio in lontananza.
Ovunque proteggimi è il secondo film di Bonifacio Angius: nelle terre aride e impietose della sua terra in pieno agosto, il regista sardo insegue il suo protagonista per un breve tratto di quel percorso di vita da outsider che lui stesso si è scelto. Alessandro, che a un certo punto abbandona anche il suo mestiere di cantante, va alla ricerca di un posto nel mondo. E forse quel posto è sul sedile del passeggero di un pick up preso in prestito, di fianco a Francesca. Madre spiantata a cui hanno tolto il figlio, matta come lui, anzi forse anche più di lui. Tutto sommato, in due, non ci si sente più tanto soli.
Un viaggio on the road di due disperati in fuga da tutto e da tutti, in uno scenario desolato e desolante fatto di polvere e stazioni di servizio che ricorda le Twentysix Gasoline Stations di Edward Ruscha. La linea d’asfalto tra Sassari e Cagliari diventa tutt’uno con la Route 66 e le sue reminiscenze cinematografiche. Il deserto californiano si mescola alla macchia mediterranea, la musica country americana alla canzone tradizionale sarda. Le radici del regista attecchiscono sul personaggio, che per campare fa il cantante folk, precisamente della canzone sassarese. Un genere di musica che ha avuto il suo periodo d’oro tra gli anni Sessanta e Settanta e che ormai non ascolta più nessuno, fuori moda e fuori tempo. Emarginata tra gli emarginati, come Alessandro e Francesca. Ma lui sa fare proprio quello, e lo fa da sempre. Quando, di fronte al pubblico di una sagra di paese, si riappropria del microfono e inizia a intonare Tbru cabà di Ginetto Ruzzetta, il vero cantautore considerato il fondatore della canzone sassarese, Alessandro si sta riappropriando del suo ruolo nel mondo e, allo stesso tempo, della sua identità. Tra le note della fisarmonica e le assonanze di una lingua di stirpe antichissima c’è la sincope culturale e sociale di chi è rimasto ancorato al passato senza mai farsi domande sul proprio futuro.
Ovunque proteggimi va a toccare le difficili trame del disagio e della dipendenza facendo oscillare il significato comunemente accettato di malattia mentale. Chi è davvero sano di mente, in questo mondo senz’anima, in cui l’amore materno va a incagliarsi nella sentenza di un tribunale? L’eterna lotta tra i sentimenti e le istituzioni, il cuore e la ragione, il sacro e il profano. E non è un caso che proprio il sacro diventi il riflesso di quella sofferenza psichica che accomuna l’uno e l’altra. Come quando, abbagliata dall’aura spirituale della Basilica di Saccargia a Codrongianos, Francesca vede che Alessandro è diventato il suo angelo custode. E che è lì per proteggerla, ovunque. Ma forse è solo un miraggio, una visione della sua mente instabile che anticipa come andrà a finire questa storia d’affetto e di follia. Oppure semplicemente un’illusione. In fondo, come rivela Francesca ad Alessandro su un foglio strappato e infilato tra le pagine di un libro, «la vita è una bugia».
Dopo essersi esibito come tutti i sabato notte per un pubblico poco riconoscente, Alessandro, cantante cinquantenne, fa mattina al Blu Star Disco. Quando all’alba si vede rifiutare da sua madre i soldi necessari per fare il gradasso con delle ragazzine, perde la testa. Dopo una vita sprecata davanti a una slot machine a pontificare sbronzo dalla mattina presto e sperare nella fortuna di un gratta e vinci, mai avrebbe immaginato che l’amore potesse tornare a fargli visita. In una corsia d’ospedale. Da qui, con Francesca e il piccolo Antonio, avrà inizio il viaggio verso l’ultima occasione.