Questa sera, su Iris, alle 02:55 andrà in onda Effetto notte. Pellicola del 1973 di François Truffaut, con Jacqueline Bisset e Valentina Cortese. Riproponiamo un estratto dell'introduzione della lunga scheda scritta da Vittorio Giacci su Cineforum 130. Inolte, nello stesso numero, è recuperabile un'intervista allo stesso Truffaut (numero acquistabile qui).
Effetto Notte chiude un periodo artistico iniziato nell'ormai lontano 1959 e si pone come punto conclusivo di alcune tematiche del regista francese (“... ci sono molte cose iniziate in altri film, come l'interrogativo se le donne siano magiche, che qui terminano, le mostro per l'ultima volta”) oltre il quale, per l’autore, non resta che fermarsi definitivamente od intraprendere, da capo, una nuova strada. Quando Truffaut/ Ferrand afferma che “con la morte di Alexandre scompare un'epoca del cinema, ed i film si gireranno per le strade senza copione” non c'è solo il proposito di parlare con nostalgia di un cinema che muore, quello americano (ricordato anche nel titolo originale la nuit americaine) mediante le riprese di un film girato secondo lo stile hollywoodiano, in coproduzione internazionale e con attori di richiamo, ma anche la riflessione stessa di Truffaut che con Vi presento Pamela ha voluto fissare sullo schermo la dissezione del proprio modo di fare cinema, come per volersi analizzare ed interrogare. Vi presento Pamela avrebbe potuto ,essere benissimo un film di Truffaut, come Le due inglesi, ad esempio, e sarebbe stata senza dubbio un'opera ugualmente riuscita ed affascinante. Invece ha voluto sezionarne la trama, le vicende e la struttura, isolando le componenti e spezzandone la continuità, per ricostruire all 'interno di un film, un film sul cinema.
Vi presento Pamela è la rappresentazione della creazione di un film ed è essenzialmente un discorso personale sulla propria concezione del cinema, espresso in forma di confessione autobiografica, perché, dopo, non sia più possibile proseguire per il medesimo verso. Al tempo stesso Effetto notte è un film d'esordio: la scena ricorrente del sogno in cui Truffaut si rivede bambino riporta immediatamente all'atmosfera, se non alla precisa età, del primo film I quattrocento colpi, legando indissolubilmente passato e presente. Nell'ultimo/primo film vi è dunque l'elemento autobiografico di sempre, con un ritorno proclamato all’adolescenza del primo lavoro. Truffaut è sempre stato autobiografico nei suoi film, ma non ha mai parlato con evidenza della sua vita reale: Se in Effetto notte tutti gli attori ed i partecipanti alle riprese comunicano allo spettatore qualcosa della loro vita privata, non è così per Truffaut, che rimane solamente "il regista" · L'unico momento concretamente autobiografico è quello del sogno.
Per Truffaut la vita è sempre filtrata attraverso il cinema (“... ho sempre preferito il riflesso della vita alla vita stessa”) per cui le sensazioni di ogni suo film sono tutte decisamente un riflesso della propria esistenza (di Truffaut, a ben pensarci, di preciso si sa solo che dal 59 al 73 ha girato 14 film).
Effetto notte è il cinema, Vi presento Pamela è il film. Un tipico film di Truffaut, e non un pretesto per far vedere come si gira un film. Se così non fosse, Effetto notte perderebbe quel significato e quella dimensione che deriva dalla intima relazione cinema e film (pirandellianamente realtà e spettacolo) che intercorre tra le due opere. In questo gioco di realtà e riflesso cinematografico Truffaut interpreta se stesso per parlare in prima persona della propria attività artistica, le cui componenti fondamentali sono un atto d'amore nei confronti del cinema e l'autobiografia. [...]