Nonostante la Giornata della Memoria sia stata due giorni fa, Rete4 propone questa sera (alle 21:25) forse uno dei film più famosi sul tema: Schindler's List di Steven Spielberg. Cineforum 333 gli dedicò uno speciale con i contributi di Emanuela Martini e Franco La Polla. Pubblichiamo qui il secondo dei due, tagliato e senza note.
L'arca di Schindler
“A volte poi, ahimè, la coscienza umana si sobbarca un così grave fardello di orrore, che soltanto la tomba può accoglierlo: passa così sotto silenzio, taciuta e segreta, l'essenza dei crimini peggiori” E.A. Poe, «L'uomo della folla»
Adesso è cosa certa: Spielberg è davvero il mago della promotion. Non era poi tanto difficile, potendone disporre, buttar là qualche centinaio di miliardi per far pubblicità a un film sugli Ufo, sugli extraterrestri, sui dinosauri. Ma per riuscire a creare attesa su una pellicola che ha per oggetto l'Olocausto ci vuole davvero della bravura. Non certo perché sull'argomento abbiamo (o crediamo di avere) visto tutto, ma perché il crimine è tanto orrendo da scoraggiare qualunque fiction, perché - cioè - per la sua stessa natura esso non lascia spazio né dignità all'idea di invenzione ed ancor meno a quella di entertainment.
Questo in fondo affermano tutti coloro che su autorevoli riviste culturali hanno tentato (dico: tentato) di commentare Schindler's List. Dietro differenti valutazioni ed apprezzamenti si legge chiaro l'impaccio di dover ammettere che la pellicola è bella, ben fatta, ben diretta, ben interpretata e che - si badi - essa rientra, certo nei termini più alti, nei modelli della produzione hollywoodiana. Insomma: il vero film narrativo spettacolare e d'alto budget sull'Olocausto non si potrà mai fare, ma Spielberg ha fatto proprio un bel film che non offende nessuno e che anzi va ammirato per il buon gusto, l'umanità e il civismo con cui è riuscito a rimanere un'impresa commerciale.
[…] Certo, oggi il ragazzo d'oro dice nelle interviste che con Schindler's List si è aperto un nuovo capitolo dalla sua carriera, che girandolo ha compreso come questa era ormai giunta a una svolta. Francamente io ne dubito. E non lo dico certo con disprezzo o malevolenza: è probabilissimo che Spielberg sia sincero, ma solo nella misura in cui egli intende dirci quanto pensare a questo film lo abbia fatto pensare a cose che in genere sono sempre rimaste - nel migliore dei casi - ai margini del suo cinema. Non si tratta dei nazisti da burletta che figurano in un paio di sue pellicole (l predatori dell'arca perduta e Indiana Jones e l'ultima crociata), quanto di una realtà - o meglio di un riflesso di essa - che per definizione non faceva parte del suo universo. Il meraviglioso, l'epifania, il sogno, l'incanto, l'avventura, tutto questo non è Schindler's List (anche se la pellicola deve forse il suo momento più alto, intenso e drammatico proprio a un'intrusione dell'epifania nel grigio testo del ghetto polacco: quella bambina a colori che cammina fra le atrocità). No, il film è un'altra cosa; eppure anche qui il regista ha operato nei modi che gli sono usuali. Come in I predatori e in tante altre pellicole della sua ormai copiosa filmografia, ha costruito l'opera su una serie di citazioni tratte da film precedenti. [...]
[…] Non credo cioè che Schindler's List segni un fondamentale giro di boa nel suo cinema né che, al contrario, esso vi si adegui perfettamente.
Al di là dell'innegabile componente autobiografica, personale della pellicola, al di là dall'origine ebraica del regista (ebraico-polacca oltretutto), credo che Schindler's List sia una sorta di banco di prova, l'occasione pensata e cercata per poter cimentarsi con la realtà (o con quel che della realtà il cinema può comunicare).[...]
Con Schindler's List il regista fa capolino nella realtà. La realtà non è fatta di mostriciattoli che volano in bicicletta sullo sfondo di un'immensa luna irreale, la realtà è fatta di sudore, odio, violenza, di quel sangue che a profusione esce dal capo martoriato di vittime innocenti uccise senza la minima ragione. [...]
Spielberg per una volta ha dato un'occhiata alla Storia, lasciando da parte sia la fantascienza che il fumetto avventuroso. Credo si sia trattato di un atto d'igiene, di un bagno lustrale per poter poi riprendere - perché no? - a raccontar favole.[...] ma d'altra parte che cosa può fare un regista - e hollywoodiano per giunta - se non ribadire la verità dell'umanità, del diritto, della compassione? La sequenza finale, del resto, riscatta magnificamente questa retorica aggiungendo al riflesso della realtà, così inusitato nel suo cinema, un grido ulteriore di verità: attori e personaggi si uniscono nel pellegrinaggio alla tomba del benefattore sfondando la parete della fiction e attribuendo al film un valore “in più” che ha tutte le caratteristiche della rappresentazione epica, della magia del reale in quanto opposto e armonizzato con il fittizio. E un grande momento umano, un inchino alla Storia, cioè alla sofferenza e al dolore, che nobilita la pellicola in un processo al quadrato. Se le scene con la bambina colorata erano state la quintessenza del valore simbolico (in lei abbiamo tutti concentrato le nostre speranze di salvezza del gruppo delle vittime, ahimè, invano), quelle del finale sono invece il ritorno alla realtà fisica della Storia, l'ammonimento relativo a ciò che si identifica con le intenzioni del film.
Ecco dove Spielberg riesce a trascendere l'entertainment, ecco dove Schindler's List, a differenza da tutto il reso dell'opera del suo autore, riesce a non essere un film, o per meglio dire, ad andare oltre il suo "essere un film". Comunque sia quel che importa è come lo fa Spielberg, parlando del film, ha detto che fino a quando non ha girato Schindler's List non conosceva i miracoli, ma soltanto gli effetti speciali. E un'affermazione bella, onesta, che però potrà essere valutata nella sua verità e nella sua buona fede soltanto con le sue prossime cose. […] Solo allora potremo compiere la necessaria verifica sui sogni che il suo autore continuerà a indurre in noi, distinguendovi, se del caso, quanto l'esperienza di Schindler's List gli ha consentito di diventare più umano cosicché tutte le favole che ci racconterà in seguito possano rendere noi un po' più coscienti della nostra umanità di quanto abbiano fatto quelle che Spielberg ci ha narrato in precedenza. E quel giorno potremo ricordare con un sorriso di sollievo - quasi si trattasse di uno scampato pericolo - che il titolo originale del libro di Thomas Keneally da cui è stato tratto il film era Schindler's Ark, L'arca di Schindler.