Secondo il filosofo americano Stanley Cavell, «dobbiamo lasciare che i film stessi ci insegnino come guardarli e come pensare ad essi».
Se così stanno le cose, quale lezione ha in serbo per noi La La Land? Già la sequenza iniziale, dove un incubo quotidiano di asfalto ed acciaio si tramuta all’ improvviso in una travolgente scena di gioia collettiva, traccia la poetica di un film che vuole essere pensato come luogo di riscatto e rigenerazione della magia hollywoodiana. Con un balzo lungo quasi mezzo secolo, Chazelle si lascia alle spalle sia il cinismo degli anni Settanta che le sottili ironie del postmoderno, attestando con forza che – quando si tratta di Hollywood, quando si tratta di cinema – proprio non bisogna avere paura dei sentimenti, materia prima dell’immaginario da grande schermo.
Da qui la scelta di farlo davvero grande, lo schermo (il film è girato in Cinemascope) e riempirlo di suoni, colori, musiche, danze e, soprattutto, sogni. Ci sono quelli dei due ambiziosi protagonisti, che fanno da filo conduttore alla vicenda, e sopra di loro c’è quello di un regista che, trovato in un angolo della strada il fantasma malridotto del cinema di un tempo, invece di deriderlo lo cura, rispolvera e riporta in vita, al massimo della sua brillantezza. Individuando in un osservatorio astronomico, là dove gli uomini guardano in alto e sognano, lo spazio simbolico giusto per un passaggio di consegne fra il cinema del passato, qui rappresentato da Gioventù bruciata, e il proprio, determinato a riprendere il filo interrotto delle fantasie e dei desideri che incendiano gli schermi.
Nel caso ce ne fossimo dimenticati, il nome di battaglia di Hollywood è sempre stato the dream factory, la fabbrica dei sogni. Chazelle ne fa il motto del proprio film e della propria idea di cinema, un vessillo da sventolare con orgoglio spudorato dalla prima all’ultima sequenza. Già, l’ultima sequenza: quando, alla fine di questa vorticosa girandola di colori, suoni e sentimenti, nella vicenda sembra fare capolino un principio di realtà, ecco che La La Land rilancia. Con un finale struggente e irresistibile, dove sulle vite patinate ma rattrappite dei due protagonisti si deposita improvvisamente la polvere del rimpianto e delle occasioni perdute. Perché proprio i protagonisti nel frattempo hanno fatto un passo indietro; il cinema invece no, quando mai. Qui sta la sua bellezza, qui sta la sua magia.