Il film di Clément Cogitore Braguino, (che al FID Marseille si è aggiudicato ben due premi: la Menzione Speciale della Competizione Internazionale e la Menzione Speciale del Premio dei Licei) svela con estrema precisione il legame di un popolo – numeroso o sparuto che sia – con la propria appartenenza alla terra di origine.
Cogitore affronta il sentimento di identificazione degli uomini col proprio territorio – “io sono la terra che abito” – ne mostra con intelligenza il lato anti-sistemico, ribelle, in totale opposizione alla globalizzazione, non solo economica, ma soprattutto culturale.
Una famiglia, parte di una comunità patriarcale della Siberia, vive di caccia e di pesca. I bambini non vanno a scuola ma aiutano il padre a recuperare il cibo e a fare piccoli lavori. Sono dei bambini già adulti, i cui giochi imitano i gesti e le dinamiche dei grandi. Dall’altra parte del fiume vive un’altra comunità, simile, regolata dalle medesime leggi, ma opposta, dunque nemica – per la carenza di cibo, per il territorio non accogliente, per il clima rigidissimo, che non permette coltivazioni e che rende le condizioni di vita assai ardue. Ognuno di loro difende il proprio territorio, minuscolo, che diventa la heim, la casa nel senso di patria, dalla quale non migreranno e che difenderanno a costo di morire dal momento che quell’appezzamento di terra, col bosco e il fiume, è letteralmente la loro esistenza, donando loro sostentamento, riparo, vita.
La piccola popolazione che Cogitore segue è assai più omogenea, selvaggia e “estrema”, se rapportata alle abitudini occidentali, rispetto ai ragazzi filmati da de Peretti, rendendo ancor più evidente come la lotta per la difesa di un luogo e il senso di appartenenza al luogo stesso siano assolutamente pre-politici.
Con sguardo affascinato ma estremamente rispettoso – anche in questo caso non si percepisce mai un giudizio paternalista o una posizione “sbilanciata” per questioni culturali – Clément Cogitore segue discretamente la vita di questa famiglia, rendendo però evidente come il vero nemico non sia incarnato dalla comunità identica e opposta ma dai bracconieri, che non solo giungono con la volontà di appropriarsi di un territorio e dei beni che quel territorio produce, ma anche di portare, in un certo senso, la globalizzazione in un luogo che ancora non la conosce e non ne è stato toccato.
La lotta di queste due comunità (o popoli) diventa dunque, più sottilmente, una lotta contro il tempo, contro il livellamento culturale, a favore del riconoscimento di un’identità che è separazione ma è anche, ambiguamente, resistenza.