Documentare, rappresentare, presentare, testimoniare, mostrare, osservare, annotare, indagare. I film di Errol Morris, The Unknown Known: the Life and Times of Donald Rumsfeld, e di Gianfranco Rosi, Sacro GRA, messi in concorso, più almeno altri due grandi film in Orizzonti, quello di Frederick Wiseman, At Berkeley, e l'altro di Wang Bing, Feng Ai – tutti questi lavori mostrano quanto, e non da oggi, quello che una volta si chiamava documentario (una specie minore) è diventato, sgomitando e facendosi valere, cinema a tutti gli effetti. Di più: è diventato il modo di fare cinema che più sa mettere in scena il reale (perché il “documentario” è sempre messa in scena), sa cercarlo, guardarlo, conservarlo, farne storia e verità, storia e finzione, storia e pensiero. Quante volte i film di finzione che ambirebbero ad essere “veri” non riescono a dire il vero e il naturale. E quanto spesso invece sono “documentari” come questi a centrare l'obiettivo del ricostruirci un mondo davanti agli occhi. Il potentissimo Rumsfeld, i sacri e folli personaggi del Raccordo Anulare, il rettore dell'università californiana, i malati e i detenuti (quali differenze?) del manicomio cinese: tutti conservati con la perizia di registi che sanno osservare il reale fino a farne luogo di storie esemplari. (Ho idea che la prossima mossa degli arrembanti “documentaristi” sarà quella di non voler più essere chiamati tali. Registi e basta.)