Un telefono che squilla nel cuore della notte, una donna dai capelli bianchi che risponde con poche, dure parole. E poi un salto indietro nel tempo, talmente intenso da far dimenticare che si tratta di un flashback.
L'amica geniale di Saverio Costanzo si prefigura fin da subito come un film per il quale si dovrà attendere qualche puntata per sapere come andrà a finire. Perché quello tratto dal bestseller di Elena Ferrante (più di dieci milioni di copie vendute nel mondo) e coprodotto da Rai, HBO e TIMvision è un film che si costruisce come una serie, seguendo i passi dell'autrice, che dopo il primo capitolo ne ha pubblicati altri tre. Una storia fiume che racconta l'amicizia tra Lenù e Lila, due ragazzine che si trovano a crescere nella Napoli degli anni ‘50. Costanzo ricostruisce l’Italia meridionale del dopoguerra stendendo una patina di neorealismo senza tuttavia risultare pesante, persino nell’omaggio alla scena più citata di Roma città aperta. La polvere sulle strade, i panni stesi ad asciugare, i volti solcati dalle rughe. Il duro lavoro degli uomini e i pettegolezzi delle donne, la miseria, l'onore e l'omertà. Il rione di Lenù e Lila è un microcosmo chiuso e impenetrabile, un "piccolo mondo antico" in cui la violenza, la morte e il dolore sono pane quotidiano per ogni famiglia. Non c'è modo di uscirne. Nemmeno quando si assapora, in un giorno di fuga da scuola, mano nella mano con la propria migliore amica, l'ebbrezza della libertà. Che cosa possono fare, in fondo, due "muccuselle" come loro? I bambini devono obbedire ai genitori, le mogli ai mariti, i poveri ai ricchi. Chi è nato tra la plebe, plebe deve rimanere. E la plebe è una brutta cosa, come dice la maestra del paese di fronte all’ignoranza degli adulti che non vogliono far studiare i loro bambini. Così i figli dei ricchi vanno a imparare il latino, mentre una mente geniale come quella di Lila, la “brilliant friend” del titolo, è destinata ai lavori di casa, come ogni donna da che mondo è mondo.
In questa realtà nuda e cruda ci si può salvare solo con la scuola, i libri, le parole: quelle di Lila, che le sa usare meravigliosamente al servizio della fantasia, per creare una vita parallela dai colori pastello. Ma anche quelle di Louisa May Alcott e di Piccole donne, il libro che le due ragazzine leggono e rileggono fino a sgualcirlo. Un romanzo di formazione al femminile di cui L’amica geniale raccoglie e custodisce l’eredità, raccontando una storia di crescita e amicizia senza tempo. Una storia che comincia tanti anni fa ma che in fondo non finisce mai, perpetuandosi di continuo come una fiaba. E come ogni fiaba che si rispetti, anche qui c’è una fata turchina: è “La fata blu” del titolo del libro che ha scritto Lila, una figura benigna creata ad arte dal suo ingegno di bambina. Unico vero spiraglio verso la conoscenza e il progresso, verso una vita migliore.