Azione ridotta all'osso, recitazione contenuta, sarcasmo sopra le righe, regia minimale. Questi gli elementi su cui fa leva Anons - The Announcement di Mahmut Fazil Coskun per creare una fredda satira della Turchia, degli anni '60 e di oggi.
In una sorta di versione mediterranea di Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza, pur senza la sua chiave esistenzialista e metaforica, il film colpisce per le sue scelte: agli attori viene chiesto di ridurre al minimo movimenti corporei e facciali di una recitazione asciutta che punta tutto sul contrasto con le parole. Ciò che diverte sono infatti i dialoghi, ironici, talvolta fuori luogo e/o paradossali. Si parla contemporaneamente di frigoriferi e di golpe, si cambiano le sorti del Paese su barzellette "a tema Martini". Serietà e sarcasmo si incontrano e si scontrano, rivelando l'uno il meglio dell'altro, mentre la vicenda si dipana in una serie di "nulla di fatto".
Se in un primo momento il film gioca sulle tonalità cupe del noir (la notte, la pioggia, il mistero), presto si apre a una luminosità differente, ma pur sempre dimessa, creando una serie di tableau statici, simmetrici fino all'eccesso. La camera è sempre fissa, dunque, mentre le scene risultano spesso divise a metà da linee verticali in cui i personaggi in scena, sempre immobili (o quasi), si dividono uno spazio perfettamente bilanciato. Indicativa, in questo senso, la scena in ufficio, in cui uno dei miliziani, di spalle, fa da frattura tra le altre due figure, proporzionalmente disposte alle due estremità del campo visivo.
In realtà, però, non accade nulla, fatta eccezione un paio di momenti, quasi colpi di scena di inaspettata violenza, e il poco movimento che c'è, viene sempre lasciato lontano dagli sguardi, fuori campo, "risucchiato" in cornici che ostruiscono la vista, mediato da specchi e finestrini.
Il colpo di stato fulcro della vicenda, che già di per sé passa essenzialmente per la comunicazione (radiofonica) e non per veri gesti d'azione, affonda inesorabile in una serie di sfortune, momenti sbagliati, errori, finendo per svanire su se stesso al mattino seguente, in una sarcastica autoanalisi di quella che è la Storia travagliata e instabile di un Paese spesso in contrasto col potere. C'è l'incapacità degli organi militari, ridicolizzata nella leggerezza dei gesti violenti e nell'inadeguatezza delle azioni, ma c'è anche, più velato, l'adeguamento dei civili, che non prendono posizione e si lasciano trasportare dal "gioco", che – siamo negli anni '60 , ma è facile intuire come il discorso sia ancora oggi valido – cercano la salvezza in Germania, come rivela la scena della visita medica in apertura, prima dei titoli di testa, così apparentemente "altra" rispetto al film che seguirà.