Crescere a Napoli, più precisamente a Torre Annunziata, può essere complicato e se sei una ragazza marocchina anche di più. Il grande merito del film di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman, proposto alle Giornate degli Autori, è altresì quello di non indulgere in pietismi o drammatizzazioni da mèlo pittoresco (ed eccessivo) o da criminal story da sotto genere. Perché Californie è il ritratto di una adolescente viva, magari ladruncola “en passant”, ma con i suoi sogni e la sua energia sempre intatte, combattente con la coscienza pulita, in una storia “piccola piccola” ambientata nel mezzo del nuovo proletariato urbano, ma anche imprevedibilmente vivida e fresca.
Impossibile non empatizzare con Jamila, con la sua introversa riottosità nel non fare sconti a nessuno, familiari compresi. La incontriamo a 9 anni, mentre tira con encomiabile grinta botte a un sacco e sul ring in una palestra di zona; la seguiamo sino ai 15, aiutante parrucchiera (perché sul discorso scuola è meglio lasciar perdere) che si arrabatta per comperare un motorino elettrico usato, proprio quando si affacciano le prime importanti scelte da prendere. Prima tra tutte: seguire il padre che ha finalmente trovato un'occupazione fissa a casa, in Marocco, oppure restare in una “patria/non patria” con il resto della famiglia? Intanto, come se fosse ancora in palestra, “gioca” in difesa e reagisce colpo su colpo ai primi uppercut di una esistenza inevitabilmente non facile, in un continuo arrangiarsi senza (forse) possibilità di fuga salvifica.
Californie è un piccolo ma piacevolissimo film costruito sulle spalle di un'interprete quasi trovata per caso. I due autori si sono imbattuti in Khadija Jaafari mentre lavoravano al documentario Butterfly e l'hanno seguita per cinque anni, incuriositi dalla sua passione per la boxe, sovrapponendo (sospettiamo) la fiction della storia (scritta assieme a Vanessa Picciarelli) al documentario vero e proprio. Il risultato è di preziosa naturalezza e scorrevolezza, quasi un neo-neorealismo che trova il suo asso nella incredibile aderenza al personaggio di una ragazza dalle notevoli doti interpretative.
Alessandro Cassigoli è un documentarista che si è costruito all'estero lavorando soprattutto per Arte con già qualche riconoscimento internazionale in bacheca; Casey Kauffman è un giornalista americano che lavora per Al-Jazeera English. Insieme avevano diretto The Things We Keep, 1917 e Butterfly, premio Globo d'oro 2019. Ora si confermano registi che sanno, zavattinianamente, pedinare la realtà. Se poi qualcuno si chiedesse il perché del titolo, beh, nasce da un errore di un decoratore di insegne che sbaglia clamorosamente una scritta, ma ci sembra che in fondo possa anche ben indicare il senso di un mondo che lotta e sa trovare stimoli e adattamenti anche negli errori e negli inciampi più imprevedibili.