Concorso

Adagio di Stefano Sollima

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Un elicottero sorvola le strade, in una trafficata notte della Città Eterna; i bagliori rossastri degli incendi sullo sfondo segnalano una situazione di caos e pericolo e neon, luci ed elettrodomestici saltano a intermittenza, in un continuo balletto di blackout e ritorni alla normalità.

L'adolescente Manuel viene mandato a una losca festa tutta droga e sesso, pedinato da un trio di personaggi superequipaggiati. Scopriremo presto che si tratta di carabinieri corrotti e ingaggiati per un “incarico” deviato e che tengono sotto ricatto il ragazzino perché recuperi foto e materiali compromettenti su un laido politico. Scopriremo anche che Manuel è il figlio di Daytona, un boss criminale della Roma che fu, che ora alterna momenti di lucidità ad altri di demenza. Il ragazzo scappa e si rifugia da un altro reduce delle banda di allora, l'ora cieco Pol Niuman (“sei nella merda Manuel. Sai un sacco di cose che non dovresti sapere”), che lo manda a sua volta dal Cammello, torvissimo e squilibrato e che tra l'altro ha molti e giustificati rancori nei confronti di Daytona. Inseguito dai carabinieri, disposti a tutto per seppellire ogni traccia del piano, lo sprovveduto Manuel coinvolgerà questi tre ultimi eredi della Roma da Romanzo Criminale (dice di Pol uno dei tre agenti: “è uno della Magliana non conta più un cazzo”) sino a una assurda resa dei conti (e che ognuno si diverta a trovare omaggi e citazioni, dai film di Johnny To a Carlito's Way).

In effetti, Adagio (che il titolo sia un riferimento anche allo stile molto flemmatico del racconto?), suona anche come un'altra resa dei conti, quella di un Sollima ritornato a casa dopo apprezzabili stagioni tra gli action e i polizieschi d'oltreatlantico (Soldado, Senza rimorso). Non gli piace la sua città natale per come l'ha ritrovata, volgare e disperata (come del resto sta inferocendo tanti suoi colleghi concittadini) e non gli piacciono gli Orazi e i Curiazi (poliziotti e criminali) che tra le strade della Suburra stanno combattendo una guerra senza esclusione di colpi, anche se qualche spazio per gesti di pietà e di altruismo ancora c'è, magari dal lato che non ti aspetteresti.

In un clima dolente, da apocalisse imminente, i personaggi sembrano affiorare da quella palude dell'immaginario action e poliziesco - ma evidentemente non solo- che ogni cinematografia occidentale (e non) ha disegnato in questi ultimi anni o decenni (presente il neo polar francese di Olivier Marchal, per citarne solo uno, o certe storie criminali made in Hong Kong o Corea?). Figure come Daytona (uno sciabattante e barbuto Toni Servillo), Pol Niuman (il trasandato senza futuro Valerio Mastandrea) o il Cammello (un Favino in “fregoliana” versione calva, particolarmente inquietante) sono le creature della schiuma della metropoli e il feroce capo carabiniere Adriano Giannini non è da meno, nel suo vivere in una topaia con serrande e ventilatori con i due figli. Uniche speranze di riscatto, ancora passibili di fughe  verso atmosfere più pulite e respirabili, dopo piogge di cenere e invasione di uccelli terrorizzati, proprio quelli dell'età di Manuel, almeno in questo solido action criminale, frutto della penna e del mestiere di uno di quei cineasti nazionali anche da esportazione che le serie tv stanno contribuendo a plasmare e fortificare. Forse.


* foto di Emanuela Scarpa