I film proiettati a mezzanotte, si sa, sono sempre un po' snobbati ai festival: è tardi, tutti sono stanchi, la mattina dopo si inizia presto. Eppure la scelta del 33° Bergamo Film Meeting di programmare il magnifico Les Girls (1957) di George Cukor alle 00.15 del primo giorno è stata azzeccatissima. Non c'è nulla di più vicino all'attività onirica di un musical di questo tipo: verità e menzogna che si mischiano di continuo, messa in scena chiaramente posticcia, colori sgargianti e inverosimili (la straordinaria bellezza del Technicolor!). Spesso, dopo aver sognato, si rimane col dubbio di aver visto una situazione reale, cioè che sarebbe potuta accadere o che magari è già accaduta (a livello logico tout se tient), eppure qualcosa sfugge e, ancora un po' intontiti, finiamo per esclamare "Ma non è possibile! Allora era tutto falso!".
Les Girls ruota attorno a una vicenda piuttosto semplice: due ex ballerine finiscono in tribunale quando una di loro pubblica un libro di memorie, raccontando la travagliata storia d'amore tra la collega e il loro coreografo, nonché direttore del gruppo "Les Girls", di cui entrambe facevano parte con un'altra amica. Accusata di aver raccontato il falso e quindi di aver infangato il buon nome dell'altra danzatrice (che addirittura avrebbe tentato il suicidio per la delusione sentimentale), la novella scrittrice si trova a sua volta accusata di essersi perdutamente innamorata dell'affascinante coreografo, tanto da aver a sua volta compiuto un gesto insano. Anche l'uomo conteso si presenta in tribunale, raccontando la sua versione dei fatti e il suo amore per la terza amica e ballerina. Qual è la verità?
La verità è che in un periodo in cui tutti cercano grottescamente di raccontare "la realtà", "la nostra generazione", "la società che sta cambiando", lanciando messaggi che manco fossero in mezzo al mare con la sola bottiglia di vetro - e con il pubblico che in questi giorni sta snobbando il capolavoro di Paul Thomas Anderson, Inherent Vice, monumento all'invenzione quale unica via di fuga dalla realtà repressiva e depressiva - un film come Les Girls è una boccata d'aria, una gioia per gli occhi, un'allegria per lo spirito. La grandezza di un film come questo non sta nella profondità del sottotesto (che comunque c'è e si tratta di una riflessione arguta sulle imposture dell'amore e dell'interpretazione, e sul potere del cinema e della messa in scena), ma nella levità con cui ci si libera dell'ingombrante "messaggio", come una farfalla si libererebbe dell'involucro di crisalide. In definitiva è il cinema che celebra se stesso, la sua capacità creativa, la sospensione dell'incredulità, per lasciarsi andare a un flusso di immagini che hanno senso e dignità solo per la grazia di cui sono intrise, "pour la beauté du geste".