Con tratti scarni e nervosi Pavel Koutský, a cui il 33° Bergamo Film Meeting ha dedicato una retrospettiva e l'esposizione di alcuni dei suoi disegni, mostra con una semplicità disarmante come sia imprescindibile nell'essere umano la dialettica tra pulsioni e comportamenti contrapposti. Camuffando spesso con la buona educazione istinti aggressivi e violenti, che svelano la volontà di sopraffazione del più forte sul più debole.
Tra i molti film proiettati durante il Festival almeno due sono emblematici da questo punto di vista: Ať žije myš (Long Live the Mouse, 1993) e Kavárna (Café, 1998).
Nel primo un signore di mezza età si siede davanti al televisore e segue le vicende di un topolino rincorso da un gatto. Il gatto le prova tutte per acciuffare il topo, mentre da parte sua il piccolo roditore, con arguzia, riesce a scampare il pericolo e a farla pagare al dispettoso felino. L'uomo davanti alla tv ovviamente parteggia per il topo, tifando per lui quando sembra soccombere, battendo le mani e ridendo quando, alla fine, ha la meglio sul gatto. Terminata l'animazione, il protagonista sente un rumore vicino alla sua sedia e vede un vero topolino incastrato in una trappola, mentre cerca di mangiare un pezzetto di formaggio. Con una certa amarezza si smette di sorridere e si riflette sull'ipocrisia umana.
L'uomo procede su un doppio binario: si indigna, è libertario, prova commozione e pena, si diverte, quando non è coinvolto in prima persona; è a favore della libertà ma solo se questa non disturba la routine quotidiana, la cucina tirata a lustro, la casetta senza macchia. Il topolino della tv è simpatico e non sporca, quello reale è fastidioso e potrebbe portare malattie. In maniera schizofrenica si mette in salvo un'immagine, eliminando chi quell'immagine l'ha ispirata.
In Kavárna, invece siamo all'interno di un bar dove, a tre tavolini differenti, sono seduti due uomini che stanno tentando di concludere un affare, un ragazzo e una ragazza intenti a flirtare elegantemente, tre amiche di mezza età.
I primi due, dietro la maschera di onesti affaristi, nascondono il desiderio di sopraffazione: l'immaginazione di entrambi li vede sottrarsi, in maniera subdola e violenta, la valigetta col denaro, inventando modi sempre più contorti e scorretti per truffare l'altro, non accontentandosi della propria parte ma tentando di ottenere tutto il bottino.
La coppia di ragazzi è invece tutta un sorridersi e un guardarsi, per coprire la vera pulsione che muove l'uomo - ossia portarsi a letto la ragazza - e quella che muove la donna - farsi desiderare dal ragazzo, fingere di concedersi per poi negarsi, solo per poterlo avere in suo potere.
Le tre amiche, che apparentemente si vogliono bene e sono affiatate, non fanno che sparlare le une delle altre, senza alcuna solidarietà o affetto: la prima è presa in giro poiché, umiliata e tradita dal marito, accetta passivamente la sua condizione di subalterna; la seconda perché è una vecchia zitella desiderosa di avere accanto un uomo, dando la caccia a chiunque le si avvicini; la terza per essere una donna di facili costumi che ha rapporti sessuali un po' con tutti.
Dietro le sembianze di persone per bene ed educate, uomini e donne sono invece in balia dei propri istinti che però non ammettono, mostrando così l'ambiguità di un'etica sempre doppia, a seconda delle circostanze, lasciando l'uomo a sguazzare nella sua miseria.