Basterebbe la (golosa) retrospettiva dedicata al polar per programmare un viaggio a Bergamo dal 7 al 15 marzo. A cui vanno aggiunti i classici presentati in "Dopo la prova" (Hawks, Hitchcock, Cukor, Bergman...), l'omaggio a Pavel Koutsky e quello a quattro registe doc - Andrea Arnold, Aida Begić, Ágnes Kocsis e Teresa Villaverde, - le anteprime dell'ultimo Ozon e dell'ultimo Wiseman, la solita messe abbondante di doc, la mostra concorso, l'animazione...
C'è anche un trailer, per farvi venire l'acquolina in bocca (lo trovate in fondo a questa pagina). Ed è pronto anche il calendario.
Ma che cosa sarà e che cosa vuole essere il Bergamo Film Meeting 2015 - "Una modesta utopia" - ve lo facciamo dire da loro:
«Iniziamo la presentazione di questa edizione del festival con il ricordo di Sandro Zambetti, scomparso nel giugno dello scorso anno. Sandro è stato l’ideatore, nel lontano 1981, di Bergamo Film Meeting, che inizierà poi il suo cammino nel settembre del 1983. Da una quindicina d’anni aveva lasciato la barra del timone, ma anche un bagaglio di esperienza e di cultura che altri, dopo di lui, hanno saputo conservare e arricchire. Sandro odiava i necrologi, ma amava il cinema, la storia, i romanzi gialli, la fotografia, la scrittura, la conversazione, il sigaro, il fumetto e la tarte tatin. Siamo convinti che il programma di quest’anno gli sarebbe piaciuto.
Scriveva Camus negli anni ’40, in Il pessimismo e il coraggio: «La Francia e l’Europa hanno oggi davanti a sé due prospettive: o creare una nuova cultura o perire». L’Europa è l’area geografica da cui Bergamo Film Meeting attinge per la quasi totalità delle sue proposte. L’Europa innanzitutto. Non parliamo quest’anno di crisi politica e economica, con tutto ciò che ne consegue, ma di film e di autori. E di storia, di individui, di consapevolezze. Il mondo va raccontato, scegliendo tra le sue infinite espressioni, per osservarne le complessità, i conflitti, le asperità. Perciò, ogni film è una conversazione e un’interrogazione, un confronto, tramite uno sguardo che si incuriosisce, si sorprende, si arrabbia, si commuove e queste sensazioni le porta agli occhi dello spettatore.
Si accennava prima alla consapevolezza: i film del CONCORSO e della sezione VISTI DA VICINO hanno in comune la cognizione del cinema come veicolo di prossimità, il che significa che il cinema non deve dimostrare nulla, ma stanare le pluralità del divenire. Una nuova cultura può formarsi da un nuovo modo di guardare, più libero, ma anche più coraggioso, più compromesso. L’uso del digitale sta cambiando il modo di vedere e quello di rappresentare, di narrare, di manipolare il visibile. L’autore, oggi, non può più essere l’intellettuale che “regala” la sua opera ai gusti e ai piaceri della comunità, ma è prima di tutto cittadino, abitatore, fabbricante, investigatore, delatore di realtà. La singola vicenda, il singolo dramma, tanto di un individuo quanto di una collettività, ci educano a guardare oltre, a lasciarci turbare dall’impensabile ma anche dalla creatività e dalla stranezza, a incontrare il dolore e la follia. Ci deve essere solidarietà e complicità con chi ci accompagna a fare nuovi incontri, che possono essere anche difficili e aspri, ma che insegnano l’apertura dell’essere dell’altro, con le tante diversità di cui è portatore. Chi ha visto Timbuctu di Abderrahmane Sissako, uscito di recente nelle sale italiane, può avere un riferimento cinematografico a quanto stiamo dicendo.
Noi vogliamo che Bergamo Film Meeting sia tutto questo, che proprio nella scelta dei film riesca a lanciare messaggi che contengono parole come disponibilità, comprensione, ascolto, accettazione, parità, impegno, per coltivare quella “modesta utopia”, di cui parlava ancora Albert Camus, un modo d’essere e di pensare che non hanno l’arroganza di mettere le brache al mondo per inseguire sogni dispotici e totalitari, ma possiedono – nel senso di risiedere, nella conoscenza e nel rispetto – la terra, perché si possa ancora immaginare il futuro, per gli esseri viventi e per le cose che la abitano.
Insieme all’Europa, parlavamo di Francia. A questo paese, di cui amiamo la laicità e la tradizione libertaria, è dedicata la retrospettiva di quest’anno, che consiste in una ricognizione del polar tra l’inizio degli anni ’40 e i primi anni ’60. Dire che questo genere pesca nel poliziesco e nel noir, non basta a descriverne le caratteristiche o a individuarne le variazioni. Ogni film è una storia a sé, pur avendo elementi in comune con altri e assorbendo suggestioni dal cinema d’oltreoceano. In tutti c’è un po’ di comico, di bizzarro, di guascone: un motivo in più per addentrarsi in un mondo che riuscirà a affascinare non solo gli habitués del thriller nelle sue diverse coniugazioni.
L’altra retrospettiva ha per titolo “Dopo la prova: schermi e palcoscenico” e riguarda film che mettono al centro della vicenda il lavoro della messa in scena, con tutte le implicazioni e gli effetti che ne derivano per quanto riguarda la struttura del film stesso, le relazioni tra i personaggi, le opportunità linguistiche e narrative, l’utilizzo dei testi letterari e delle risorse drammaturgiche. Non è teatro filmato, quello che proponiamo, ma cinema nel senso più vero del termine, gioco delle parti, dove la vita irrompe, l’ambiguità cresce, l’intrigo si complica, la scrittura cinematografica “contamina” l’interpretazione del testo teatrale. Il mondo esterno e quello interiore degli individui divengono a loro volta palcoscenico, dove “si provano” sentimenti, passioni, emozioni. Grandi registi e grandi attori ci porteranno in un territorio dove la realtà si confonde con la finzione, dove i ruoli si scambiano, dove il sipario si alza su scenari inattesi.
Ben quattro sono quest’anno le registe che occupano la seconda parte della sezione “EUROPA: FEMMINILE SINGOLARE”: l’inglese Andrea Arnold, la portoghese Teresa Villaverde, la bosniaca Aida Begić e l’ungherese Ágnes Kocsis. Sono autrici provenienti da paesi disparati, ognuna con un proprio stile e modo di raccontare: già affermate in campo internazionale, da noi sono conosciute per qualche film isolato della loro filmografia, ma per il resto non sono note al pubblico italiano. Constatiamo, con grande soddisfazione, che la maestranza femminile – non solo registe, quindi, ma anche sceneggiatrici, produttrici, fotografe, agenti di vendita, tecnici vari – è in costante crescita nel nostro continente: nuova cultura è anche nuova sensibilità di sguardo e di attenzione, nuove modalità produttive.
Il cinema d’animazione da diversi anni è tra gli interessi primari di Bergamo Film Meeting, che a esso dedica anche parte del programma rivolto ai ragazzi e la masterclass, curata per questa edizione dallo Studio Bozzetto. Il regista che proponiamo e di cui presentiamo l’opera completa è il ceco PAVEL KOUTSKÝ, del tutto sconosciuto nel nostro paese e figura singolare nel panorama europeo. Inventore di una tecnica particolare, si distingue per lo spirito critico e caustico con cui mette a nudo i meccanismi del potere. Pavel ha messo a disposizione anche molti disegni originali che sono esposti per circa un mese nella sala alla Porta di S. Agostino.
Con grande soddisfazione da parte nostra si ripropone la collaborazione con Bergamo Jazz, manifestazione di prestigio internazionale organizzata dal Comune di Bergamo, che vede l’anteprima in Auditorium con l’accompagnamento musicale dal vivo del film di Lubitsch La bambola di carne. A questa circostanza si aggiunge quella che prepara la prossima apertura della nuova Accademia Carrara e che coinvolge il Teatro Sociale con la proiezione del film National Gallery di Frederick Wiseman, una sinfonia cinematografica che mette in scena in maniera originale una delle istituzioni museali più importanti del mondo. L’omaggio all’Accademia Carrara prosegue durante il festival con la riscoperta di una serie televisiva di culto degli anni ’60: Belfagor, il fantasma del Louvre.
Chiudiamo questa presentazione con un ringraziamento affettuoso a Bruno Bozzetto, che ci ha regalato un grazioso e simpatico disegno, che stiamo utilizzando per la raccolta fondi, oltre a aver dato la disponibilità per l’organizzazione della serata di gennaio. La serigrafia con firma autentica è a disposizione anche nei giorni del festival per chi volesse aggiungersi agli amici sottoscrittori, che anche quest’anno ci hanno ricompensato con la loro fiducia.
Solitamente parliamo anche di bilancio, ma, pur sottolineando il costante stato di precarietà di Bergamo Film Meeting e l’inadeguatezza delle risorse necessarie, abbiamo deciso di praticare l’epochè, traslitterazione del greco ἐποχή, che vuol dire “sospensione del giudizio”, nozione di origine scettica. Sulle orme di Sesto Empirico e di Montaigne, ci mettiamo in uno stato d’animo prossimo all’atarassia, dal greco antico ἀταραξία, che vuol dire assenza di agitazione. Guardiamo alla Grecia, anche se non se la sta passando tanto bene, ma forse è proprio questo il motivo. Lì c’è gran parte della nostra cultura, non dovremmo dimenticarcelo. In ogni caso, abbiamo bisogno di tranquillità per portare a compimento questa edizione. Poi, si vedrà».