Fin dalla prima edizione del Far East Film Festival di Udine, il nome di Johnnie To è stato sempre associato alla kermesse friulana: correva l’anno 1999 quando A Hero Never Dies venne presentato e premiato all’interno della neonata manifestazione dedicata al cinema asiatico. Da quel momento in poi, To è stato un ospite quasi fisso al Festival e i suoi fan sanno bene che, anche per omaggiare il Feff, ha in parte girato un suo film proprio a Udine, Yesterday Once More.
Quest’anno il regista hongkonghese non ha portato in Friuli un’opera da lui diretta, ma prodotta, Trivisa, con la quale sta cercando di lanciare la carriera di tre giovani registi suoi connazionali. Sostenuta anche dal suo collaboratore storico Yau Nai-hoi, Trivisa ha un marchio di garanzia all’inizio dei titoli di testa: il bollino della Mikyway, casa di produzione che, grazie a Johnnie To, ha dato vita ad alcuni dei gangster di Hong Kong più significativi degli ultimi vent’anni.
Ambientato nel 1997, a cavallo dell’handover, quando Hong Kong è passata dall’essere colonia inglese a città cinese, la pellicola si concentra su tre criminali senza scrupoli, che hanno preso strade diverse durante la loro vita, e che ora pare si stiano riunendo per affrontare insieme il cambiamento storico di cui è protagonista la loro città. Diretto a sei mani da Frank Hui, Jevons Au e Vicky Wong (ognuno ha seguito il percorso di uno dei tre criminali), è un film in cui si nota solo a tratti la presenza di tre persone dietro la macchina da presa: i giovani autori si sforzano tremendamente di avere uno stile omogeneo, e ci riescono per quasi tutta la durata, ma finiscono per seguire un po’ troppo pedissequamente la maniera dello stesso Johnnie To e di quei gangster-movie su cui sono cresciuti e che sicuramente amano.
La narrazione è scorrevole, i toni malinconici e fin nichilisti come è giusto che sia, anche se il copione segue strade già più volte battute e alcune delle riflessioni proposte sanno di già visto. Notevole la conclusione, ma lungo il percorso non mancano i momenti di stanca e, in definitiva, il risultato è un film riuscito soltanto in parte. Il titolo prende il nome dai “tre veleni” del buddhismo, ovvero avidità, odio e illusione, con chiaro riferimento ai tre gangster protagonisti.