Si è aperta “sotto il segno della tigre” la diciottesima edizione del Far East Film Festival di Udine, quella della maggiore età per una manifestazione che negli anni è diventata un brand internazionale e un appuntamento imperdibile per gli appassionati del cinema popolare asiatico.
Non si tratta, però, soltanto di un facile slogan perché la Tigre sul grande schermo di Udine ha ruggito a lungo durante la prima proiezione ufficiale in cartellone.
The Tiger: An Old Hunter’s Tale, il film d’apertura della kermesse, racconta infatti della scontro infinito tra un uomo coraggioso e una tigre sanguinaria, entrambi desiderosi di vendicarsi l’uno dell’altra e pronti a tutto pur di sfidarsi ancora una volta.Siamo in Corea del Sud negli anni dell’occupazione giapponese e per gli invasori le tigri rappresentano lussuosi trofei da esporre all’interno delle stanze del potere. Più di un ragionamento storico o di una riflessione tra le due culture, al regista Park Hoon-jung interessa analizzare il conflitto tra l’uomo e la natura ostile, simboleggiata da una tigre che è un’allegoria della stessa Corea del Sud, decisa a non piegarsi all’invasore.
Quello tra il vecchio cacciatore e l’animale è un rapporto in cui l’odio si interseca con il rispetto, la violenza con un senso dell’onore che sembra non appartenere agli esseri umani quando sono chiamati a scontrarsi con i loro simili. Park Hoon-jung, che si era fatto conoscere con lo script di I Saw the Devil di Kim Jee-woon e aveva già mostrato un discreto talento registico con New World, conferma di avere una buona mano, sa dirigere le sequenze più concitate nel modo giusto e sfrutta ottimamente i notevoli effetti speciali: colpiscono in particolare le fluide movenze della tigre, graficamente perfetta e con un occhio solo a disposizione, proprio come la Shere Khan del recente Il libro della giunga di Jon Favreau, a cui assomiglia tremendamente, fatta eccezione per l’incapacità di parlare. Come nei suoi film precedenti, però, Park Hoon-jung tende a esagerare, enfatizzando eccessivamente i toni e perdendosi qua e là all’interno di una durata ingiustificata e di un andamento a tratti ridondante. Difetti evidenti che, comunque, non intaccano fino in fondo un prodotto che spesso funziona piuttosto bene, riuscendo anche a emozionare grazie ad alcuni flashback ben assestati e a una prima parte priva di cali.
In attesa dei veri botti del Festival, un inizio di cui ci si può tranquillamente accontentare.