“Sweetheart / How I miss your heart / Beating next to mine” (Devotchka – Dearly Departed)
Chi è Jack?
Jack è un autista di limousine e ha un collega, Clyde, che è anche il suo unico amico, non è un rasta e non ha intenzione di diventarlo, ma ha qualche sparuto accenno di dreadlock tra i capelli rossi arruffati e ascolta musica reggae perché gli trasmette buone vibrazioni. Le cuffie, come il berretto, non se le toglie quasi mai, cercando di isolarsi da Babilonia e rifugiarsi nel regno di Zion. Jack non sa nuotare e non sa cucinare. Eppure sceglie di imparare a farlo.
Jack è un uomo goffo, impacciato, uno che si direbbe incapace di fare qualunque cosa inchiodato come è nel suo letto, schiacciato (come lo svela la mdp, in plongée, nella prima inquadratura). E invece è uno che decide, sommessamente, con le cuffie e il berretto in testa, di imparare a fare delle cose.
Jack Goes Boating è uno di quei film che se un regista avesse una lunga filmografia alle spalle si potrebbe definire minore. Ma Philip Seymour Hoffman è (stato) essenzialmente un grande attore e come regista ha realizzato solo questo: un film in cui, mentre la sua carriera gli offre una serie di sfide crescenti (siamo nel 2010), lui decide di assegnarsi un’interpretazione minore, minimale, essenziale, quasi primaria.
Nel momento in cui è lui stesso a dirigersi, decide di vestire i panni di un personaggio che non richiede una grande performance ma che, semplicemente, decide di applicarsi - con metodo e con determinazione – nell’imparare delle cose. Come cucinare, come nuotare. E lo fa “solo” perché si è trovato di fronte alla possibilità di innamorarsi e vuole preparare una cena per Connie (solo perché per lei nessuno ha mai cucinato) e la vuole portare in barca l’estate che verrà (solo perché lei lo ha detto mentre passeggiavano imbarazzati nell’inverno newyorkese).
Quella di PSH in Jack Goes Boating mi fa pensare a una sorta di straordinaria performance della normalità; una sfida che richiede impegno, studio, fatica. Ripetere, ripetere, affinché tutto possa essere perfetto.
Anche se perfetto non sarà. Semplicemente perché non può esserlo. Eppure Jack si dà la possibilità più grande, anche di fronte al fallimento, e se la dà grazie a Connie: reagire, continuare, fino a imparare la fluidità delle bracciate, fino a poter remare sul lago nel sole di una giornata estiva.
Una possibilità che Philip, forse, non si è concesso.