Ruby è una figlia di persone non udenti, una CODA (child of deaf adults) come indica l’acronimo inglese. La giovane ragazza (interpretata da una convincente Emilia Jones) svolge il ruolo di traduttrice e di interprete per i genitori e per il fratello, in quanto unico membro della famiglia in grado di sentire e di parlare. Ruby, di fatto, si istituisce come figura essenziale e come ponte comunicativo per mettere in relazione la sua famiglia con il mondo esterno. Inoltre, alternando lo studio e la passione per il canto alle attività di pesca sulle coste della cittadina di Gloucester nel Massachussets, la ragazza cerca di porre delle solide basi per il suo futuro, all’interno di una realtà familiare che non sembra però poter fare a meno della sua presenza.
Vincitore dell’ultima edizione del Sundance, CODA è il remake statunitense de La famiglia Bélier di Éric Lartigau. La regista e sceneggiatrice Sian Heder, al suo secondo lungometraggio dopo il buon esordio Tallulah, abbandona il contesto rurale del film di riferimento per dedicarsi invece ad un profondo studio caratteriale che vuole mettere a fuoco le peculiari dinamiche relazionali che legano Ruby alla sua famiglia. Seguendo i binari tipici del coming of age statunitense di matrice indipendente, CODA non ha ambizioni estetiche rivoluzionarie ma si propone in ogni caso come un racconto genuino, onesto e autentico che attribuisce un forte valore all’empatia umana e alla connessione con l’alterità.
Il film di Sian Heder ricorre ampiamente alla lingua dei segni americani e a un cast che comprende interpreti non udenti con l’obiettivo di restituire un ritratto e un’impressione del reale che antepone la necessità della vicinanza a ogni cosa. Il sentiero da percorrere per raggiungere questa consapevolezza, tuttavia, non è semplice. Al bisogno di accompagnare e di stare a fianco agli altri segue anche un movimento contrario, altrettanto importante, che spinge verso l’indipendenza. CODA evidenzia il desiderio di Ruby di emergere, di trovare la propria voce attraverso il canto e con l’espressione dei suoi sentimenti e della sua volontà, di non essere dunque appiattita individualmente e percepita solo come veicolo comunicativo. Consapevole dell’importanza del suo ruolo, però, la ragazza non vuole nemmeno abbandonare i genitori e il fratello: sia pragmaticamente, in quanto sostegno ineliminabile nella quotidianità, sia da un punto di vista più umano, intimo, dal sapore quasi esistenzialista.
La spinta verso l’indipendenza di Ruby non è l’unica prospettiva a essere raccontata nel corso del film. Una parte dell’indagine di Sian Heder è tesa anche a mostrare l’altra faccia della medaglia, ossia le difficoltà affrontate dalla famiglia protagonista nella gestione del lavoro e nel trovare un equilibrio con la stessa Ruby. In tal senso, CODA oscilla tra due polarità opposte ma infine ne evidenzia la complementarietà, scavando a fondo nel vissuto dei suoi personaggi e fotografando ciò che li unisce, separa e riavvicina nuovamente, in un continuo divenire che vuole spingere ad esplorare la vita e ad affrontarne i percorsi, per quanto ardui possano essere. Con una precisa sensibilità poetica, CODA cela così le sue verità più intime nei dettagli più piccoli, ricercando l’essenza di ogni cosa tra le vibrazioni di una voce che canta, tra gli sguardi e le espressioni di un pubblico che ascolta, tra quei legami umani indissolubili che non potranno mai essere recisi.