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Morán e Roman. Due impiegati modello al servizio del Capitale, nel luogo dove il Capitale si accumula, una banca. Il lavoro non rende liberi, allora tanto vale sacrificare una manciata di anni in carcere, per godersi poi un gruzzolo, tutto sommato modesto, accantonato illegalmente. Sarà la tendenza al costante deprezzamento della moneta, che in Argentina sembra inarrestabile da decenni, il film di Moreno, travestito da heist movie, quasi dimentica per strada i soldi, e, nelle sue tre ore abbondanti si confronta con la leggerezza dell’essere e la necessità di perdersi, di divagare, e di ritrovarsi, eventualmente. Giochi di simmetrie (oltre ai nomi dei due colleghi si compongono delle stesse lettere quelli di Morna, Norma e Ramón) e digressioni costanti, a qualcuno farà salire la mosca al naso il suo confermasi nella tendenza del nuovo cinema argentino, quella di Mariano Llinás e Laura Citarella – dai quali prende anche in prestito l’attrice Laura Paredes, qui un’irreprensibile ispettrice dello Stato – ma Moreno, con una certa coerenza, cerca di dare un nuovo senso alla durata, di creare una relazione giocosa con lo spettatore, libera dai cliffhanger e dalle formule prevedibili della scrittura predigerita della tv.