Cosa è successo a Tommi? Sono passati undici anni dall'uscita di Anche libero va bene, l'entusiasmante esordio alla regia di Kim Rossi Stuart e Tommi è cresciuto. Ha, ora, il volto di suo padre che non c'è più (almeno in scena), fa l'attore ma aspira a essere regista, è fidanzato ma non innamorato, va in analisi ma non da un vero psicanalista. Soprattutto Tommi non ha ancora elaborato l'abbandono della madre che, ricomparsa, vive sola in una casa vagamente frikkettona e annaspa in un continuo bisogno di soldi. Tommi, che ora è Tommaso, è lì bloccato dai fantasmi, incapace di andare avanti, incapace di crescere e di prendere in mano la propria vita. Per questo fugge dalle relazioni e, braccato dalle ossessioni, non riesce a decidere di diventare padre a sua volta né a essere convinto delle sue scelte professionali. Non riesce, in sostanza, a diventare adulto.
Il vero problema di questo secondo capitolo della vita di Tommaso è però, purtroppo, molto più cinematografico che esistenziale. Quello che in Anche libero va a bene infatti era misura, sensibilità, capacità di tradurre l'emozione e di raccontare la difficoltà, in Tommaso si perde. Così tutto, al contrario che nel primo film, diventa mancanza.
Il registro altalenante non regge completamente la commedia ma non è mai efficace come dramma, l'intenzione recitativa tra urla e sussurri fatica a trovare credibilità, la sceneggiatura non esprime una vera rielaborazione né della materia psicanalitica né dell'emotività del personaggio rimanendo ferma a un rispecchiamento troppo elementare ed esplicito, e, ancora, le scelte registiche e di fotografia finiscono per dare al racconto una confezione senza sussulti, meccanica nel realismo e poco ispirata nelle parti oniriche. Tommaso sembra un film bloccato in se stesso, un po' come il suo protagonista, frenato dalle intenzioni, sviato dalle elucubrazioni, portato fuori strada invece che salvato dai tentativi di essere o di dire à la manière de... (Moretti? Fellini?).
Chi vuole essere Tommaso? Cosa vuole essere questo film? Con grande dispiacere ci si trova a fare queste considerazioni perché Tommaso non smentisce né l'onestà di intenti né la sincerità dell'approccio al racconto delle piccole umane difficoltà dell'esistere ma, purtroppo (chissà se anche perché meditato così lungamente o perché così esplicitamente autoriferito) vacilla sotto il peso stesso della sua fragile tessitura senza riuscire a proseguire il cammino tenendo il passo del film che lo ha preceduto.