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È morto Ermanno Olmi

Nella notte fra domenica 6 e lunedì 7 maggio, si è spento all’ospedale di Asiago il grande regista Ermanno Olmi: aveva 87 anni.

Nato nel 1931 a Treviglio, in provincia di Bergamo, da famiglia contadina, si trasferisce giovanissimo a Milano e comincia a lavorare alla Edison, dove fonda la sezione cinema per la quale dal 1953 al 1961 dirige una trentina di documentari di carattere tecnico-industriale. L’esordio nel lungometraggio arriva sempre nel ’59 con Il tempo si è fermato, storia dell'amicizia tra il vecchio guardiano di una diga e un giovane aiutante, nell’isolamento dell'alta montagna. Del 1961 è il successivo Il posto, che coglie con delicatezza e precisione le aspirazioni di due giovani al primo impiego e getta le basi di quella “poetica del quotidiano” che sarà la cifra stilistica e tematica tipica del regista.

Gli anni Sessanta vedono poi I fidanzati (1963), la parentesi biografica di …E venne un uomo (1965), dedicato alla vita di Giovanni XXIII ed esplicita dichiarazione di fede, e più avanti Un certo giorno (1968) e I recuperanti (1969), dove Olmi dimostra un’attenzione non comune alla modernità della civiltà dei consumi e al contrapposto recupero di storie e personaggi appartenenti al mondo contadino e della montagna.

Dopo La circostanza (1974), saggio sulla disgregazione di una famiglia contemporanea e sulla conseguente frammentazione del racconto cinematografico, Olmi gira il suo capolavoro L’albero degli zoccoli (1977), affresco sulla vita in una cascina del bergamasco alla fine XIX secolo, con il quale riafferma il suo rapporto sentimentale con la civiltà contadina e la sua riflessione politica sulla natura popolare della storia italiana, conquistando la Palma d'oro al festival di Cannes.

Dopo Cammina cammina (1982), incursione nel mondo della fiaba attraverso il racconto del viaggio dei Re magi, Olmi si ammala gravemente ed è costretto per molti mesi all'inattività, volutamente isolato nella sua casa ad Asiago. Ritorna al cinema nel 1987, con l’allegorico Lunga vita alla signora, che ottiene il Leone d'argento alla Mostra di Venezia, seguito l’anno successivo da La leggenda del santo bevitore (1988), tratto da un racconto di Joseph Roth e sceneggiato con l’amico e collaboratore Tullio Kezich, che questa volta alla Mostra vince il Leone d’oro (quello alla carriera gli sarebbe stato donato nel 2008).

Negli anni Novanta, Olmi dirada la sua attività cinematografica (del ’93 è Il segreto del bosco vecchio, tratto da un racconto di Dino Buzzati e interpretato da Paolo Villaggio), anche se continua a lavorare realizzando spot pubblicitari e dedicandosi alla Scuola di cinema fondata nel 1982, Ipotesi cinema. Ritrova poi una straordinaria vena creativa nel decennio successivo, con due fra i suoi film migliori: Il mestiere delle armi (2001), storia del condottiero rinascimentale Giovanni dalla Bande nere che osserva il passato dalla prospettiva umanista degli umili e da quella materialista dell’introduzione delle armi da fuoco, e Cantando dietro i paraventi (2003), nuova incursione in un passato di guerre e condottieri (la storia è quella di una vedova che guida una ciurma di pirati nell’antica Cina), messo in scena fra teatro e racconto morale.

Dopo aver dichiarato di voler chiudere con il cinema con la favola Centochiodi (2007), sorta di parabola che aggiorna il messaggio di povertà del Cristo ai giorni nostri, Olmi torna ancora al cinema di finzione con Il villaggio di cartone (2011) e soprattutto Torneranno i prati (2014), realizzato nel centenario dello scoppio della Prima guerra mondiale e come sempre dedicato a raccontare la Storia e la guerra dalla parte di quelli che saranno dimenticati e che «torneranno da dove sono venuti».

Nel frattempo dirige una lunga serie di documentari, fra cui l’ultimo Vedete, sono uno di voi (2017), dedicato alla figura di Carlo Maria Martini.