Nata per volare come un angelo, costretta a subire sin da bambina per colpa del fratello, Anna è una donna attorno alla quale la realtà si è ristretta e scolorita. Anna capasciacqua non è a suo agio con la vita, vede il buio anche di giorno. I suoi rapporti - con gli uomini soprattutto - sono tesi e ansiosi. Si intende, invece, con i figli. Un’intesa fisica, di gesti e di bisticci. Una simbiosi emotiva, umorale, viscerale. Anna è donna, donna del Sud, madre. Il personaggio, che è valso a Valeria Golino il premio per la miglior interpretazione a Venezia 72, ricorda quello di Grazia interpretata in Respiro di Crialese.
Attorno ad Anna è costruito il secondo lungometraggio di finzione di Giuseppe Gaudino, classe 1957 (il precedente, Giro di lune tra terre e mare, risale al 1997), che, come molti fra i più interessanti cineasti italiani contemporanei, ha dedicato ai documentari la maggior parte della sua produzione. Per amor vostro, però, poco o nulla possiede di un documentario. Tutto il suo valore scaturisce da una fertile, spudorata vena immaginifica, che non si vergogna della propria naïveté, facendone al contrario punto di forza.
C’è del coraggio nelle arditezze stilistiche, felicemente fuori dagli schemi, di Gaudino: c’è, al fondo, un’idea molto coerente e consapevole di messa in scena – una messa in scena immersiva, che molto deve a Napoli, città materica, catacombale, in cui si scende sotto terra a baciar teschi; una città di fuoco e terra, non d’aria né di mare. L’acqua viene piuttosto dal cielo, perennemente annuvolato. Nell’immaginazione di Anna, l’acqua inonda gli autobus e ne tracima. Come l’acqua, anche il cielo opprime, nero di nubi vulcaniche. Quasi il Vesuvio si fosse deciso ad esplodere. È una Napoli cruda e soffocante. Acre, mefitica e molesta come quella che rapprendeva fra le sue spire Delia ne L’amore molesto. In effetti, nel modo in cui Gaudino sa cogliere l’anima più turbolenta di Napoli, sembra esserci qualcosa del primo Martone.
Gaudino gioca le sue carte principali tinteggiando il bianco e nero con sprazzi di colore, e ricorrendo ad accorgimenti - fermi immagine, grafica animata – cui ben si accompagna la musica degli Epsilon Indi, che svolge per tutto il film un’efficace funzione di contrappunto. Ma le migliori scelte di messa in scena, quelle di cui è intessuto il film, sono altre. Per esempio, l'uso del primissimo piano, spesso sulle bocche (maschili); o il ricorso alle soggettive di Anna, a restituire il suo senso di intrappolamento e il bisogno frustrato di evasione. Ad Anna manca l’aria, stretta nelle inquadrature così come sono strette le soggettive del suo sguardo, cui il montaggio detta un ritmo affannato. Fuggire. Ma come fuggire, se anche i sogni si stanno ormai mutando in incubi?
Man mano che il film avanza, diventa sempre più complicato per lo spettatore scollarsi dallo sguardo di Anna. La focalizzazione interna stordisce al punto da non riuscire, a volte, a distinguere la realtà dalle visioni.
Napoli si è rivelata spesso terreno particolarmente fertile per il cinema, tanto da attirare l’attenzione di registi non napoletani (Garrone) e spesso non italiani (Turturro, Ferrara, Demme, solo in anni recenti). Torna alla mente Pasolini, che a Napoli decise di ambientare il suo Decameron, per il quale l’umanità partenopea era una tribù che “anziché vivere nel deserto o nella savana vive nel ventre di una grande città di mare”. Sempre Pasolini ebbe a dire: “preferisco le scenette cui si può ancora assistere nei bassi napoletani alle scenette della televisione italiana”. Ecco: la televisione.
Il film inizia con Anna che trova lavoro come cartellonista al servizio di un attorucolo di soap opera (Adriano Giannini). La televisione delle chimere; la televisione ingannatrice. È proprio dalla disillusione verso la messinscena operata da quell’attorucolo di cui si era invaghita, che può iniziare il riscatto di Anna. Quella di Per amor vostro, a dispetto di tutto, è la storia di un’inaspettata redenzione da parte di una madre la cui forza è l’amore felicemente istintivo per i figli. Per amor loro, il suo bisogno di fuga si concretizza in un riscatto civile e morale, che è anzitutto il riscatto di una donna su di un uomo. Una donna che trova la forza di rifarsi finalmente sul ricatto del maschio – che sia fratello, marito o amante. Maschi quasi tutti, non a caso, strozzini.
Anna, per amore dei tre figli e della famiglia, ha lasciato che la sua vita si spegnesse, lentamente. Fino a convincersi di essere una "cosa da niente".