Elisabetta Sgarbi

L'isola degli idealisti

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“Nessuna azione sia fatta a caso, mai, né altrimenti che secondo una delle regole costitutive dell’arte”. Giorgio Scerbanenco intitola, con quest’aforisma di Marco Aurelio, il capitolo 6 di L’isola degli idealisti, un suo noir atipico del 1942 (inedito) che Elisabetta Sgarbi ha riscoperto e pubblicato per La nave di Teseo nel 2018 (ora ristampato con complementi illustrativi). Prima di portarlo sullo schermo nel 2024 per farne una preziosa icona della sua attività cinematografica. Recuperando giusto il richiamo dello scrittore a uno ‘statuto dell’arte’ che nel film può, o anche deve, equivalere ad artificio, attorialità raffinata, decorativismo pittorico, illusionismo scenico, culto dello specchio e del trasognato. E immergendo dunque la sua “Isola” non solo nelle brume del paesaggio lacustre deputato ma anche nell’atemporalità di una scrittura per immagini sempre filtrate attraverso l’onirico e l’impalpabile.

Celestino, il vero dominus della sontuosa Villa Reffi che ospita i fuggiaschi Guido e Beatrice, è ossessionato dal suono di un violino? Ebbene, Elisabetta assegna a una tale metafora dell’incognito il compito concettuale di aprire, d’acchito, la propria opera. La quale si preannuncia così come opera di artefatta composizione e ricomposizione di un tessuto memoriale e immemoriale insieme, ove tutto trascorre, fluisce tra passato e avvenire, fino a una conclusione che del thriller non ha nulla, se non del thriller metafisico o metareale. Che realtà possono mai avere Villa Reffi, villa museo con la sua quantità di quadri e specchi, o i suoi abitanti vecchi e nuovi, se non una realtà reticolare, fantasmale, sospesa?

Dei sei punti topici della nozione di “casa” quale paradigma – l’ubicazione, il parco, la soglia, le mura, i muri, gli oggetti – Sgarbi sottolinea non a caso l’entourage concreto/astratto con i famigli e l’alano Pangloss; la soglia in chiave misterica di ‘socchiuso’ e di ‘rivelativo’; le mura in quanto custodia di ricordi sepolti o aspirazioni occulte; i muri in termini di confini che dovrebbero abbracciare e respingere, includere ed escludere, e invece distinguono solo larvatamente interno ed esterno, familiare ed estraneo. In sostanza, Elisabetta non fa che rappresentarci con perizia la liminarità, la sottile drammaticità implicita nell’abitare, nell’essere comunque stranieri anche quando non lo si è, oppure in bilico con chi straniero lo è davvero. In altre parole, implicita nell’abitare ‘poeticamente’. Per forza di poesia visiva: quella delle persone come delle cose (libri, giornali, riviste, vestiti) che abitano la dimora o in qualche modo non l’abitano, essendone in qualche modo abitati. Elisabetta trama, fonde e confonde con grandangoli estenuati o primissimi piani, richiamando dal fondale (vedi gli scaloni) i singoli personaggi ed esponendoli alla vista come altrettanti esponenti di un’algebra tutta mentale, immateriale, o materializzata solo per il tempo assegnato alla recita di sé, dell’esserci.

Con Levinas, “la casa è il nostro angolo di mondo, il nostro primo universo” – una “delizia estense”, la definisce Elisabetta, che l’ha spesso visitata con mamma Rina. Dove universo corrisponde etimologicamente, per lei, a convergenza del molteplice sull’uno, a dialogo talmente prolungato da farsi alla fine monologo, riflessione di riflessioni, riflesso di riflessi. Registri cangianti come i tanti dipinti della Collezione Cavallini Sgarbi che formano e deformano, così muti eppure così eloquenti nella loro segreta fisicità – la medesima di chi li attualizza con la propria presenza. Celestino a Beatrice (battuta espunta): “Mia sorella Carla ripone in quelle stanze il suo bisogno di modernità”. E allora noi con lui, più in esplicito, questa volta parafrasando Heidegger: “Noi spettatori riponiamo in quelle immagini dell’abitare, insieme ai familiari e alle opere d’arte, il nostro bisogno di una modernità di coscienza, oltre che di una semplice residenza dell’umano”.


 

L'isola degli idealisti
Italia, 2024, 112'
Titolo originale:
id.
Regia:
Elisabetta Sgarbi
Sceneggiatura:
Eugenio Lio, Elisabetta Sgarbi
Fotografia:
Andres Arce Maldonado
Montaggio:
Andres Arce Maldonado
Musica:
Michele Braga
Cast:
Tommaso Ragno, Elena Radonicich, Michela Cescon, Renato Carpentieri, Renato De Simone, Tony Laudadio, Mimmo Borrelli
Produzione:
Bibi Film
Distribuzione:
Fandango

La pacifica vita isolana della famiglia Reffi è sconvolta dall'arrivo di due ladri in fuga, Guido e Beatrice. Le dinamiche familiari vengono scosse, rivelando tensioni e emozioni nascoste.

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