«Come se lo vedesse attraverso una finestra impolverata, il passato è qualcosa che può vedere, ma non toccare. E tutto ciò che vede è sfocato e indistinto». Sono le ultime parole del capolavoro di Wong Kar-wai (le ultime a comparire sullo schermo, perché le ultime pronunciate, inudibili e inaudite, le affida invece Tony Leung a un pertugio sacro dove resteranno sepolte), che col suo mélo sublime erige un altare all'amore impossibile, un monumento di pellicola per quel passato intoccabile. Dando al sentimento una forma che pare, invece, di poter toccare; nelle stanze invase di fumo, nei dettagli struggenti del décor, nei vestiti di Maggie Cheung che scandiscono il passare dei giorni e fanno sfilare tristemente tutte le donne che avrebbe potuto essere, tutte quelle che non sarà mai. La bellezza ultraterrena di un film che si fa ossimoro: un melodramma minimale, dove la passione si rintana nella distanza fra le spalle e un muro, e tutto cambia, senza che niente accada. Quizas, quizas, quizas.