L'inatteso, nei film di Rodrigo Sorogoyen, riguarda il cuore umano. Raramente un “agente” esterno. Una cosa del mondo. La realtà. Nel cinema del regista spagnolo è l'identità del soggetto a subire i contraccolpi dei gesti, delle azioni, dei modi di essere, agire, reagire. In As bestas, dove una coppia francese prende residenza in un villaggio tra campagna e montagne della Galizia per lanciare un progetto di agricoltura eco-solidale, fino a giungere ai ferri corti con i nuovi vicini, questo nodo decisivo è ancora più evidente.
Perché è chiaro – dopo più di un'ora, però – che a Sorogoyen poco importi lo scontro tra culture. Quantomeno non come negli scenari di Cane di paglia e Un tranquillo weekend di paura, per intenderci, nei quali, è noto, lo “spirito nero” dell'individuo è una diretta conseguenza di una provocazione sconosciuta, al fine di scoperchiare la sua inadeguatezza congenita. In As bestas, al contrario, l'offesa e la violenza sono causa di inimmaginabile cambiamento profondo, sì, ma che prende le forme di un'impensabile adattabilità.
Al netto di (inevitabili) spoiler, in As bestas il soggetto, travolto da un'ondata di odio, si scopre molto più allineabile di quanto l'occasione, la situazione e gli eventi facessero prevedere. Nel microcosmo autosufficiente di As bestas, tra bestie animali e umane, ignoranza e capriccio, ira e omertà, la persona si svela sorprendentemente compatibile. A dispetto di qualunque sentimento di giustizia (che rimane integro), della morale (anch'essa incorruttibile) e del buon senso.
Rispetto a Madre, è una svolta coraggiosa. E più sconcertante. Perché in As bestas l'elaborazione del lutto passa attraverso una scoperta di sé agghiacciante: quella della propria ambientabilità. L'efferatezza è inconsiderabile, l'ideologia appartiene a un'altra età (passata, anche di poco), l'intuito è un'astrazione. In As bestas Olga (Marina Foïs) si riconosce infine parte del suo nuovo mondo. E questo per Rodrigo Sorogoyen è più determinante di qualunque lampo stilistico, di qualunque esibizione muscolosa (sono assenti per esempio gli impressionanti piani sequenza di Che Dio ci perdoni, Il regno e Antidisturbios). Qui c'è un universo fermo nel tempo e lontano dal tempo, lontano da dio e dagli uomini; e c'è un cuore con una ferita eterna che si rivela, e rivela soprattutto a se stesso, abituabile. Rimanendo, grazie al cielo, per l'appunto, un cuore.