È dal 2008 – esattamente dall’uscita di Go Go Tales – che le pellicole di Abel Ferrara non vedono una distribuzione nelle sale italiane, e il suo ultimo film non fa eccezione, con la differenza che stavolta si è puntato essenzialmente a una fruizione on line.
Dopo la chiacchierata proiezione al Festival di Cannes, il film è stato infatti messo a disposizione del pubblico, in Italia come in altri paesi, attraverso i canali di streaming su diverse piattaforme dedicate.
Prendendo le mosse dallo scandalo che travolse l’ex direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strauss-Kahn, Welcome to New York riprende e arricchisce contemporaneamente la profonda riflessione sull’irredimibilità della natura umana alla base dell’intera poetica ferrariana.
Paragonata a quella più sfrontata ed eccessiva delle pellicole degli esordi e dell’affermazione, la messa in scena degli ultimi lavori del regista statunitense sembra tendere a una sorta d’intimità, d’interiorizzazione, accompagnando l’efficacia e la forza di un linguaggio da sempre senza compromessi verso una naturale indagine introspettiva.
Quest’ultima pellicola sembra racchiudere in sé l’intero percorso compiuto da Ferrara. Il Devereaux/Strauss-Kahn di Depardieu impone tutta la sua stazza nei baccanali che animano una prima mezz’ora in cui sullo schermo si stagliano i volti contorti dai coiti, i grugniti e gli sbuffi che danno forma, in maniera brillante e concreta, ad un’ansimante e perversa, quanto malata, lussuria.
Ma è dopo la rappresentazione dell’episodio che condannò Strauss-Kahn – la tentata violenza sessuale ai danni della cameriera di un albergo di NY – ed il successivo arresto che i toni del racconto cambiano, addentrandosi man mano nelle dinamiche familiari e nelle considerazioni esistenziali del protagonista.
Depardieu segna in maniera mirabile tale passaggio, trasformando – con un uso significativo del proprio corpo – la sicurezza del suo personaggio, apparentemente travolto dagli eventi, in disorientamento, quasi un distacco dalla realtà e un disinteresse verso il mondo esterno che lo rende sempre più vittima, seppur consapevole, della sua natura.
La letterale messa a nudo di Devereaux durante la perquisizione in carcere prepara così al disvelamento della verità del protagonista nel superbo monologo interiore: una lucida presa di coscienza sul tramonto dell’idealismo, suo unico dio in una giovinezza ad esso consacrata. È chiara la consapevolezza di non poter più tornare a “quei tempi beati”, dopo aver assistito alla sconfitta dei propri ideali decretata dal trionfo della malvagità insita nell’uomo, rassegnandosi così alla perdita di una redenzione ormai neppure cercata.
Se dunque 4:44 Last Day On Earth mostrava le ultime ore vissute da un’umanità colpevole della distruzione del proprio pianeta, Welcome to New York pare mostrare le cause profonde che hanno condotto al punto di non ritorno e all’inevitabile accettazione di tale destino, costituendo in tal modo col lavoro precedente un ipotetico dittico. Entrambe opere in cui Ferrara ripone tutto il suo pessimismo, fedele al connubio tra cinema e vita e a quella particolare attitudine metacinematografica con cui ancora una volta svela la finzione: l’ultimo sguardo fisso in camera di Devereaux diventa così al tempo stesso ricerca di complicità e richiesta insperata d’aiuto, perché in fondo l’ironia è che “nessuno vuole essere salvato davvero”.
Welcome to New York (USA, 2014) di Abel Ferrara, distribuito in Italia sui canali streaming: Anicaondemand, Chili, Cubovision, Google Play, Infinity, Itunes, Mymovies e Premium Play.