Weiner-dog è un piccolo cane inoffensivo che attira le attenzioni prima di un bambino stritolato dalle rigidità di una famiglia oppressiva, poi quelle di un’infermiera che non vuole sottoporlo a un intervento clinico e infine di una coppia down, legata all’amico dell’infermiera che decide di fuggire con lui. Weiner-dog è l’espediente narrativo utilizzato da Tood Solondz in questo anomalo road movie, in realtà un film molto statico che riesce ancora una volta a spiazzare per i suoi dialoghi asincroni, al limite tra il grottesco e l’assurdo, per la caratterizzazione di personaggi volutamente deformati e caricaturali, assurti a paradigmi informi dell’ipocrisia di una middle class americana, in particolare quella di provincia, avviluppata in un vuoto che la divora.
Sempre devoto all’iperrealismo come cifra estetica, in Weiner-Dog Solondz può apparire meno provocatorio e al tempo stesso più programmatico di altre volte. I colpi di scena del racconto sono rari, così come i turning point, e accanto a una straordinaria Julie Delpy “casalinga disperata” (che recita con un perfetto accento americano) si affianca la “solita” Greta Gerwig, attrice ormai un po’ inflazionata, in un ruolo che la vede nei panni una nerd decisa a salvare la vita del piccolo cane e a regalare un momento di felicità alla coppia down protagonista. Molto meglio, allora, le solite nevrosi di Maggie’s Plan… Weiner-dog per il momento non sembra avere una distribuzione nei cinema, ma i suoi diritti sono stati ceduti a Netflix.
Il film che ha ottenuto più applausi in tutto il Sundace di quest’anno (insieme con Certain Women di Kelly Reichardt, di cui parleremo nel prossimo report) è stato Captain Fantastic di Matt Ross. Il titolo potrebbe far pensare a una parodia dei comics della Marvel, ma in realtà il film di Ross, in passato attore per diversi registi, fra cui lo Scorsese di Aviator, punta in alto, molto in alto. Fin dalla prima scena, ambientata in una foresta dello stato di Washington, dove un ragazzino sgozza con tecnica perfetta un cerbiatto, per poi “trattarlo” e cucinarlo come se fosse un rito iniziatico. Suo padre, Ben Cash (un monumentale Viggo Mortensen), ha addestrato i suoi sei figli a una vita in simbiosi con la natura, totalmente svincolata dalle convenzioni del mondo. I figli non vanno a scuola e sono istruiti dal padre, il quale insegna le lingue, la letteratura, la poesia, la Storia e la Costituzione. Un addestramento inflessibile, militaresco, inframezzato da una vera e propria educazione alla vita, affinché i ragazzi non si siano corrotti dalla società, dai simboli del capitalismo e da quella “follia del consumo” chiamata America.
Benché al secondo film da regista, Ross non è un regista che passa inosservato: il suo è un cinema diretto, che colpisce al cuore, con un ritmo serrato, mai banale, che passa dal nord dello stato di Washigton al sud del New Mexico, evitando però gli stereotipi del road movie. Captain Fantastic cambia location dopo la morte per suicidio della moglie di Ben e forse nella parte ambientata al sud si fa più convenzionale, con il classico confronto tra vecchio (i genitori della moglie di Ben) e nuovo (Ben stesso e la sua carovana di post hippie), tra tradizionalismo intransigentee e ribellismo buonista. Ma è indubbio che si tratti di un film importante, con scene di grande respiro e un’idea generale di cinema bigger than life. Inoltre, i riferimenti sono noti e decisivi: dal mito del buon selvaggio di Rousseau a Il signore delle mosche, dalla filosofia “anarchica” di Noam Chomsky, nume tutelare di Ben, a Mosquito Coast, fino alla filosofia di L’attimo fuggente, passando per l’anarchismo made in Usa di Vivere in fuga e La regola del silenzio.
Di modeste ambizioni, infine, l’esordio alla regia dell’attore John Krasinski, The Hollars, sgangherata storia familiare piena di gag, in cui un trentenne torna a casa da New York per l’improvvisa malattia della madre. Una volta giunto a casa, l’uomo scopre che la famiglia, dal fratello al padre all’ex fidanzata, non è esattamente come credeva. Un film scontato, banale, inutile, nonostante Krasinski confermi di essere un attore versatile e interessante, ora impegnato in alcuni progetti con Matt Damon dopo aver interpretato con lui Promised Land di Van Sant.