Una spiaggia alle prime luci dell’alba, tre ragazze straniere scendono da un gommone sulla riva, depositate dai loro protettori. La macchina da presa le segue nel loro cammino verso casa, fino a entrare furtivamente nella camera di due gemelle siamesi. Dasy (Angela Fontana) è sveglia e si sta toccando; Viola (Marianna Fontana) dorme, ma sembra trarre godimento dall’attività onanistica della sorella. Le due ragazze sono unite fisicamente e mentalmente.
Se una si abbuffa è l’altra ad avere mal di stomaco; se una beve l’altra si ubriaca.
Sempre sulla spiaggia c’è una statua di Cristo abbandonata in mezzo alla sabbia, come a segnare l’inizio di una lunga via Crucis che Viola e Dasy dovranno affrontare per raggiungere l’anelata separazione.
Le due sorelle gemelle sono unite dalla nascita, una serie di capillari le tiene insieme al livello del bacino, e sono due star neomelodiche nel desolato entroterra di Castel Volturno. Il padre collerico (Massimiliano Rossi) e la madre sempre fatta (Antonia Truppo), sfruttano le doti canore delle figlie, portandole in giro a cantare su richiesta per comunioni, compleanni, serate, dichiarazioni d’amore sotto il balcone. Vengono esibite come fenomeni da baraccone e la comunità paesana si stringe attorno a loro per palpeggiarle, nel loro punto di unione, come fossero un amuleto o come semplice gesto apotropaico.
Sono due schiave, così come lo è la comunità d’immigrati che popola la stessa periferia e che viene evangelizzata da un prete, che li aizza come fosse una rock-star attraverso i suoi sermoni, dove il sacro sconfina in una spettacolarizzazione di gusto televisivo, per suggestionare i fedeli.
Edoardo De Angelis mette in scena una favola d’ambientazione contemporanea stretta tra il degrado e la corruzione e ci racconta di un’umanità ai margini, attraverso un recente processo di melting pot che è in atto in Italia, dove la locale comunità degli esclusi s’incontra e si fonde con chi è fuggito da guerre e condizioni di povertà estreme. E nonostante una sceneggiatura che – specialmente nella seconda parte – si sviluppa in modo non troppo convincente, riesce a costruire un racconto organico e strutturato.
Il film, sostenuto dalla bravura e dall’intensità delle sue due giovani attrici, racconta una storia sospesa tra bellezza e bruttezza, tra attrazione e repulsione. Le due sorelle sognano Los Angeles e vorrebbero cantare Janis Joplin, invece delle tristi canzoni che scrive per loro il padre (poeta come lui ama definirsi). I genitori, nonostante si siano arricchiti sfruttando la specificità fisica delle figlie, preferiscono restare nella loro spoglia e povera casa ma piena all’inverosimile di elettrodomestici da cucina mai utilizzati.
L’avidità che muove i genitori li spinge a far credere alle due ragazze che saranno per sempre “indivisibili” – come il titolo di una delle loro hit, cantata spesso come bis nelle loro performance dal vivo.
Il percorso che guiderà le gemelle alla separazione è fatto di dolore e martirio. In una delle sequenze finali sono portate in processione come due madonne con le mani sanguinanti, unica possibilità di redenzione per essere riammesse all’interno della comunità dopo la loro fuga.
Il film di De Angelis avremmo preferito vederlo in concorso ufficiale.