Se nel noir classico il soggetto è frammentato, in quello dei Coen è nebulizzato: lascia dietro di sé una traccia di immaterialità, una scia di assenza e riluttanza sulla quale poggia l’intera impalcatura filosofica del film. Figura sartriana per eccellenza, Ed Crane sente il peso della propria esistenza - visiva e narrativa - e prova a sbarazzarsene. Ma quanto più si sforza, tanto più gli eventi e la messinscena lo scaraventano nuovamente dentro quel mondo di assurdità e coincidenze fatali al quale il protagonista del noir “deve” prima fare fronte, poi soccombere. E’ per questo che il film sollecita l’idea che l’estraneità del protagonista sia tale soprattutto rispetto all’immaginario che dovrebbe innescarne la centralità narrativa. Quasi si trovasse ad occupare una posizione liminare, in una terra di nessuno fra schermo e platea.